“Ero un vero numero 10”
Feb 17, 2024

Intervista all’ex rossoblù. L’ha proposta recentemente Valerio Arrichiello su “Il Secolo XIX”. Il brasiliano arrivò con tante speranze ma andò male: due pessime stagioni e per lui anche un famoso e pesante sfottò dei cugini: “In Italia non funzionò, però nel Porto campione d’Europa e in grandi club brasiliani si è visto chi ero”.

Francisco Chagas Eloia detto Eloi

È lui o non è lui? Certo che è… Eloi. “Ho 65 anni, vivo a Rio de Janeiro e non ho mai dimenticato il Genoa, Genova e l’Italia. Vi porto ancora nel cuore”. A volte rispuntano. A sorpresa. E allora eccolo qui, Francisco Chagas Eloia, per tutti semplicemente Eloi. Acquistato nell’estate 1983 al posto di Vandereycken, come risposta genoana a Zico e Falcao e accolto come una star, insieme all’affascinante moglie Aparecida, il 10 pescato dal Vasco Da Gama prometteva di fare sfracelli.

Ieri e oggi

Ma non fu così. Il fantasista cresciuto ad Andradina, palleggiando con i limoni, si ritrovò presto catapultato nella categoria dei “bidoni”, tra sfottò e leggende. E i sogni di O Maestro di portare il Grifone in alto si trasformarono nell’incubo di una retrocessione.

“Lo so, al Genoa non andò bene. Ma la mia carriera dice che ero un giocatore vero, un numero 10. Ho giocato in grandi club brasiliani, dove i tifosi mi vogliono ancora bene e nel Porto campione d’Europa…”.

Al Genoa nella stagione 1983-’84

L’esperienza rossoblù di Eloi si chiuse mestamente nel gennaio 1985: 29 presenze e 5 gol, tutti segnati in Coppa Italia. Ma ora, dopo anni a chiedersi che fine avesse fatto, Eloi è riapparso, sui social, dove dà appuntamento ai suoi follower e legge brani della Bibbia.

Niente più baffi e riccioli biondi, i capelli sono diradati, ma il fisico è ancora esile e asciutto come quando giocava. E sono tanti i genoani che, incuriositi, nell’ultimo periodo lo hanno ricontattato.

Nonostante il modesto rendimento dell’epoca, tra i tifosi che gli scrivono traspare tanto affetto. C’è chi gli manda foto di vecchi autografi, chi gli gira immagini delle sue gare rossoblù. Francisco riceve con piacere, sorride e ringrazia. Il tempo addolcisce i ricordi. E quando Eloi parla del Genoa, la gioia prevale sui rimpianti. “Dico grazie a Dio per aver indossato questa maglia, così bella e piena di storia”.

Nel Porto

Eloi, cosa fa oggi?
“Vivo a Rio, ho il patentino da allenatore ma al momento non ho squadra. Seguo il calcio e gioco ancora con i Master del Botafogo, uno dei miei ex club in Brasile. E devo dire che mi tengo ancora in forma”.

Ai tempi del Botafogo

Cosa ricorda del suo anno e mezzo al Genoa?
“I tifosi, che erano troppo forti, caldi. E la città, che era troppo bella. Io abitavo a Bogliasco, mi piaceva tanto, e avevo fatto delle amicizie lì, persone che sento ancora. E che dire della comida, del cibo: da nessuna parte si mangia così bene. E mi piaceva pure la musica: io suono la chitarra”.

Capitano del Santos

Cantante italiano preferito?
“Vasco Rossi. Ascoltavo ‘Va bene, va bene così’. Ora mi piacciono Ramazzotti, Pausini, Bocelli. Amo l’Italia: siete un popolo incredibile”.

Durante Genoa-Lazio

In campo però andò tutto male: come mai?
“La vita è strana. Pensi che dovevo arrivare due anni prima al Milan. Gli feci due gol al Mundialito, molto belli, mi volevano ma il Santos chiese troppi soldi. Chissà, in rossonero la mia storia sarebbe cambiata. Poi, nel 1983, Simoni mi prese dal Vasco da Gama…”.

Al Mundialito, nel Santos, con l’interista Evaristo Beccalossi

Cosa non funzionò?
“Per un giocatore è molto difficile fare la differenza quando non hai la piena fiducia. Mi è mancato un po’ di aiuto in campo. Ricordo che parlai con Zico e lui disse: ‘Eloi, non ti passano la palla abbastanza velocemente. I marcatori italiani sono i più forti, sanno che sei il più pericoloso con la palla tra i piedi e così ti chiudono e non ti danno spazi’.

Eloi nel Vasco da Gama

Mi mancavano gli allenamenti che facevo in Brasile, dove lavoravo più duramente e per il mio fisico era importante. E poi, come Zico, ero specialista dei calci piazzati, ma mentre in Brasile ci fermavamo ore a provare, in Italia i portieri andavano a casa a fine seduta e non ci allenavamo abbastanza. Però dopo il Genoa sono andato al Botafogo e ho fatto molto bene, come pure in Portogallo, tra Porto (28 presenze e 12 gol in due stagioni ndr) e Boavista (21 presenze e 4 gol ndr). Non avete visto il vero Eloi, ma ero un giocatore forte”.

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