Dino Ballacci e quel Catanzaro finalista di Coppa Italia
Gen 2, 2021

Non sembrava più nemmeno un calciatore e ilpresidente Dall’Ara gli aveva strappato il contratto appena firmato. Dino Ballacci ne aveva preso atto e se n’era andato a fare l’impiegato. Dopo poche settimane, Dall’Ara ci aveva ripensato e lo aveva ripreso per il suo Bologna. Non era difficile per Dino Ballacci spiegare le sue scarse condizioni di forma: la guerra coi partigiani era stata durissima. Dopo l’8 settembre 1943, Dino è stato rastrellato ad Aviano, Friuli. Potrebbe finire tutto. Ma lui  uccide il suo carceriere tedesco e scappa in montagna. Raggiunge la foresta del Cansiglio, dove si avvicina ai partigiani garibaldini delle brigate Nannetti: ci sono molti bolognesi come lui. E’ una zona decisiva per la lotta partigiana tra Pordenone, Belluno e Treviso. Dino Ballacci decide che è anche il momento di diventare per tutti “Krauss” , scegliendo come nome di battaglia quello del carceriere tedesco che aveva fatto fuori. Poi nella primavera del ’44 si arruola nella quinta brigata Osoppo al comando di Pietro Maset, nome di battaglia “Maso”. I rastrellamenti tedeschi continuano, l’inverno è lungo. A Natale i partigiani fanno base in una capanna di boscaioli. Viveri e legna per fortuna non mancano. Dino non ha paura di nulla . E poi ha un fisico di tutto rispetto: un metro e ottanta. Finita la guerra , vuol fare il calciatore sul serio, anche se aveva provato la boxe. In primavera la battaglia decisiva a Piancavallo coi nazifascisti che scappano, mentre Maso viene colpito a morte. E per le ultime settimane di guerra, Dino viene promosso vicecomandante di battaglione.

Dino Ballacci nel Bologna

Dopo un tuffo al Lido di Venezia con gli ex-partigiani, riprende a giocare a calcio. Al Bologna. “Ai tempi guadagnavamo già tanto noi calciatori. Mi vergognavo ad andare a casa da mio padre che faceva il carabiniere e prendeva la metà di quello che prendevo io ”.

BOLOGNA

Dino attraversa da combattente una dozzina d’ anni di storia rossoblù. Da Gino Cappello al primo Pascutti, chiudendo con la fascia di capitano e un bottino di oltre 300 apparizioni. Insuperabile sull’uomo e debordante col suo senso del tempo, gioca laterale difensivo.  “Io miravo al pallone, poi pazienza se prendevo le gambe. E se qualcuno in campo simulava un fallo, lo portavano fuori perché poi … si faceva male davvero”. Con Boniperti sono anni di guerra a bassa intensità : “Marcarlo era un divertimento : io non gli volevo far male, ma entravo duro perché volevo farlo volare sopra la palla. Ci riuscivo e lui si innervosiva. La Juventus mi stava sulle scatole per la protezione che aveva sempre dagli arbitri. Boniperti chiamava fallo e l’arbitro fischiava . Andai dall’arbitro e gli dissi: ‘Arbitro, tanto vale che lei dia il fischietto a Boniperti’. Mi cacciò fuori”. C’è Bologna-Atalanta . Lui è incaricato di marcare il fantasista uruguagio Josè Garcia , che a un certo punto gli fa un fallaccio . Dino prontamente restituisce con gl’interessi. Non fu soltanto l’ultima partita di Garcia nell’Atalanta. E nemmeno l’ultima sua partita in Italia. Smise proprio di giocare a calcio e decise di rientrare in Uruguay.

D’estate il momento dei reingaggi. Il presidente Dall’Ara riceveva i calciatori in via Amendola, negli uffici della sua maglieria. Fa caldo. E Dall’Ara prova a logorarli in lista d’attesa facendo spegnere anche i ventilatori. Un giorno per ricevere Dino Ballacci, il presidente lascia sulla scrivania in bella mostra la sua pistola, una Beretta calibro nove. Ma all’appuntamento Dino decide di presentarsi con un revolver alla cinta: “Adesso possiamo parlare”. Il Bologna in quegli anni rischia anche di retrocedere e i tifosi rumoreggiano. Lui riesce però a calmarli. A modo suo : “C’è una partita in cui le cose non vanno bene. Glauco Vanz, il portiere, deve andare a prendere un pallone finito fuori. Ma la gente lo contesta. Così vado io e mi tiro giù i pantaloni davanti alla curva”.   Un giorno il presidente Dall’Ara chiama Dino: “Scenda in via Orefici e si compri un orologio. Passo io a pagarlo”. Era un omaggio per la prima (e unica) presenza di Dino in Nazionale. A trent’anni. Ma Dino sceglie l’orologio più costoso. “Non solo, anche il più antico . A Dall’Ara venne un mezzo colpo. L’orologio però l’ho tenuto per decenni”.

Quando in panchina al Bologna arriva Gipo Viani, porta anche una frusta da carrettiere per “stimolare” i calciatori. Con Dino però non serve. “Caro Viani è meglio che glielo dica subito: se si azzarda a usare una sola volta la frusta con me, le comunico che in quel caso sparisce il Ballacci giocatore e subentra il Ballacci uomo . E per lei sono cazzi”.   Durante un’amichevole di lusso, Viani gli fa marcare Alfredo Di Stefano. Dopo mezz’ora Dino si avvicina alla panchina: “Sor Gipo, ho già dato. Ho un mal di testa feroce. Contro quel mostro ci vada adesso qualcun altro”. Un giorno litigano di brutto: Viani pronto coi pugni in faccia, ma Dino: “Come allenatore la rispetto, ma non provi a mettermi le mani addosso e le sparo due cazzotti nei denti…”. Anche se nei suoi primi anni in panchina Dino si ispirerà proprio a Viani. Inizia col Portogruaro e segnala Furlanis e Cimpiel, che finiscono ovviamente al suo Bologna. Ottimi i primi due campionati di serie B col Prato e la Reggiana. Infatti lo chiama il Catanzaro.

CATANZARO

E’ una squadra esperta, gente di categoria . Quell’anno viene rafforzata con l’acquisto di un giovane centravanti: si chiama Gianni Bui. Dino Ballacci gioca con un 4-3-3, che si trasforma in 4-2-4 quando Pippo Marchioro s’inserisce.  “Non sono un tatticista ad oltranza . Mi bastano i soliti accorgimenti: centrocampo ben solido, difesa chiusa, tre punte fisse e una quarta che parte da lontano. L’importante è capire il gioco altrui e adattare il nostro a quello. Non è detto che si debba cominciare e finire allo stesso modo”.

Il Catanzaro schierato all’ Olimpico di Roma prima della finalissima di Coppa Italia

E si parte con la Coppa Italia. Il Messina al primo turno viene fatto fuori senza problemi. Doppietta di Bui. Dino Ballacci ha impostato la squadra proprio intorno al nuovo numero 9. Bui è uno sfondatore, ma anche un centravanti moderno, che vuole palla addosso. La difende con le sue lunghe leve, anche perché attira almeno due uomini. E se non segna, fa segnare. Opportunista, forte di testa, coraggioso. Con le spizzate, come un pallavolista che alza per i compagni. Il Catanzaro va in testa alla classifica e il capocannoniere del campionato è Gianni Bui. ” Anche se sono stato un difensore, non ho la mentalità ristretta a tale reparto. Infatti nelle mie squadre ho avuto ben cinque capocannonieri . Se ci lasciano andare in serie A, non declineremo l’invito”. Per la Coppa Italia tocca il Napoli al San Paolo. Una squadra lanciatissima in campionato, con Altafini, Juliano e gli altri. Il Catanzaro è incerottato , senza Marchioro e l’ala destra Vanini. Dopo un quarto d’ora, perde anche l’ala sinistra Orlandi. Ma la squadra di Dino Ballacci regge l’urto e chiude il primo tempo sullo 0-0. Nella ripresa, su spunto della mezzala Gasparini, Bui brucia Panzanato e segna il gol dell’incredibile qualificazione : “I miei ragazzi hanno lottato per novanta minuti, ma il Napoli ha preso l’incontro sottogamba”. Contro la Lazio l’ottavo di finale di Coppasi gioca in campo neutro, a Cosenza. Si vince 3-1. Bui è acciaccato, ma gioca alla grande e segna : “Quello è un cavallone. Infortunato o no, è sempre un gran giocatore. Non pensavo che i miei giocatori avrebbero tenuto un ritmo così alto per tutti i novanta minuti. Mi hanno commosso tutti”.

Il 22 dicembre ‘65 squadra in ritiro, perché il 6 gennaio c’è Catanzaro-Torino: l’unica squadra di serie B superstite ai quarti di finale è quella di Dino Ballacci. Anche se mancano Bui squalificato, il regista arretrato Maccacaro , ancora Vanini e il terzino sinistro Lorenzini. “In condizioni normali forse avremmo sperato di poterci opporre anche al Torino. Dovremo accontentarci di un’onorevole difesa . Partiamo battuti “. Ma contro il portiere Provasi, il Torino proprio non passa. E poi davanti c’è il libero e capitano Gino Sardei, migliore in campo, quello che pochi mesi prima voleva smettere di giocare. Si rimane 0-0 anche dopo i supplementari . Ai rigori il Catanzaro è più freddo, il Torino ne sbaglia cinque. In semifinale c’è la Juventus di Heriberto Herrera, ma anche di Salvadore, Del Sol e Cinesinho. Si dovrebbe giocare a Torino, partita secca. Il Catanzaro chiede alla Juve l’inversione del campo : niente da fare. Come se la Juve avesse paura di una squadra di serie B. Curioso, visto che al Catanzaro mancano ancora i migliori: Bui, Maccacaro e Marchioro. Abile psicologo, Dino Ballacci affila le motivazioni dei suoi. Sa che non hanno nulla da perdere. Al Comunale di Torino le bandiere giallorosse sovrastano quelle bianconere. Anche perchè ci sono quattromila catanzaresi, in gran parte emigranti. Qualcuno è arrivato da Colonia, in Germania. Sul rettangolo verde poi, nessuno capisce quale sia la squadra di serie B.

Al posto di Bui gioca tal Mario Tribuzio (intercettato dagli almanacchi come proveniente dalla C) che fa ammattire tutti. La Juve è fischiatissima. Dopo mezz’ora, proprio Tribuzio batte Anzolin con un diagonale corretto da un braccio di Leoncini. La reazione della Juve non c’è. E il Catanzaro è anche in dieci, perché nel tentativo di togliere palla a Del Sol, lo sconosciuto mediano Nonino si è procurato una distrazione. Da Catanzaro la partita viene seguita addirittura per telefono. Nella ripresa proprio Del Sol pareggia su assist di Dell’Omodarme. Il Catanzaro si rifà sotto. Gori e Leoncini in affanno su Tribuzio : fallo in area. Lo stesso Mario Tribuzio dal dischetto regala l’impensabile: Juventus-Catanzaro 1-2. E tanti saluti all’inversione di campo. Tutti si chiedono cosa sarebbe accaduto con Bui e Marchioro titolari. I giocatori e il presidente Ceravolo in lacrime meritano un giro di campo. In Calabria si scende in strada a festeggiare. S’improvvisa una sottoscrizione per i calciatori. In estasi, Dino Ballacci prova comunque a tenere i piedi per terra: “Questa è la mia squadra migliore. In finale di Coppa avrei preferito affrontare l’Inter. Avrebbe dato una maggiore carica ai miei ragazzi. La Fiorentina ? Bella squadra, la batteremo facilmente. Sto scherzando” .Il ritorno alla routine del campionato però è devastante. Anche se pesano gli infortuni: in alcune trasferte si parte con 13 uomini , portiere di riserva compreso. “Al Catanzaro nessuno regala niente. Anzi abbiamo fama di squadra da battere e avremo vita dura ovunque”. Il Catanzaro perde in casa il derby con la Reggina e viene fischiato . Un pomeriggio, Dino entra in un bar e ordina un caffè. C’è lì un gruppetto silenzioso, coppola nera in testa. Si alza una voce: “Non servirgli niente, lui non lo merita”. Dino replica : “Se non mi servite un caffè, sfascio tutto il locale”. Servito. A Modena per la partita di campionato: 2-0 dopo meno di venti minuti con gol di Bui e Tribuzio. Marchioro in cattedra. Ma nella ripresa il Catanzaro rallenta , traccheggia. Poi si distrae e si fa ghermire il punto : finisce 2-2. Dino passeggia nervosamente. Sbrana un pacchetto di sigarette. Poi chiude la squadra negli spogliatoi : “Si sono lasciati infilzare come novellini. Il Catanzaro non ha saputo essere umile”. Si sprofonda a metà classifica.

Lo storico presidente del Bologna Renato Dall’Ara

Giocare la finale di Coppa contro la Fiorentina che è in forma smagliante, diventa quasi un atto di fede. Appuntamento alle 16.30 del 19 maggio 1966 allo stadio Olimpico di Roma. La Fiorentina dei giovani di Chiappella : Albertosi, Pirovano, Rogora, Bertini, Ferrante, Brizi, Hamrin, Merlo, Brugnera, De Sisti, Chiarugi. Dall’altra parte, finalmente Dino Ballacci schiera la formazione tipo: Provasi, Marini, Lorenzini, Maccacaro, Tonani , Sardei, Vanini, Marchioro, Bui, Gasparini, Tribuzio. La logica impone la Fiorentina. Dopo quattro minuti, Provasi respinge su Hamrin da un passo. Risposta calabrese: Bui-Tribuzio-Vanini e diagonale con parata di Albertosi. Alla mezz’ora passano i viola: Pirovano scende e centra. Hamrin gira di testa, ma un volo celestiale di Provasi gli nega il gol. La palla sfila sulla fascia, dove Brugnera la rimette in mezzo ancora per Hamrin che gira nell’angolo. Applausi, comunque. Nella ripresa i viola rifiatano: vanno in quattro su Bui e la palla filtra per Marchioro. Diagonale di destro in buca d’angolo. Albertosi s’inchina. Fiorentina-Catanzaro 1-1. La reazione dei viola si concretizza in due pali. Risponde Gianni Bui: fuori di poco. Nei supplementari Merlo e Maccacaro stramazzano per crampi. Poi al 119° minuto su un’azione Brugnera-De Sisti, Sardei istintivamente ci mette la mano. E’ un metro dentro l’area. Incredulo, Sbardella fischia il rigore. Mentre Sardei non riesce a fermare la lacrime, Bertini fa palo-rete. “La Fiorentina è una grande squadra . Non posso muovere un solo rimprovero ai miei ragazzi. Hanno fatto il massimo. Il rigore? C’era, ma forse una scappatoia l’arbitro la poteva trovare”.

Ballacci alla guida dell’Arezzo

ALESSANDRIA

Dino passa da una panchina all’altra. All’Arezzo lancia qualche giovane: tale Francesco Graziani per esempio. Fino all’Alessandria in serie C, stagione ’73 – ‘74. Si punta alla promozione. Lui è il solito grande lavoratore. E per un milione e mezzo al mese. L’Alessandria fin dall’inizio frequenta i primi posti. Una difesa d’acciaio costruita intorno al portiere Pozzani , già riserva di Provasi a Catanzaro : quattro gol subiti in tutto il girone d’andata. Centrocampo e attacco da serie superiore con Edy Reja , Manueli , Mazzia e i gol di Baisi.

Ballacci Mister dei Grigi dell’ultima promozione in Serie B

Dino non ci sta a perdere nemmeno le partitelle infrasettimanali. E dai suoi tira fuori il meglio. Ma le promesse sulla campagna acquisti non sono state mantenute. “Se non perdo il posto dopo questa mia dichiarazione, cercherò di mandare in campo la migliore formazione possibile. Ma non parliamo di promozione, perché non abbiamo validi ricambi. Sono stato preso in giro. Io sono pagato non solo per dirigere l’allenamento, ma per curare gl’interessi della squadra. E poi non ho mai sopportato le interferenze”. Pare che qualcuno metta bocca anche sulla formazione. Il presidente dell’Alessandria si chiama Paolo Sacco e ha appena ventitré anni . E’ però figlio dell’ingegner Remo Sacco, che si diletta con appalti come la Salerno – Reggio Calabria. Dino Ballacci minaccia più volte le dimissioni . E con la squadra in testa alla classifica. “Abbiamo avuto da ridire tutte le volte. Una volta non ci siamo parlati addirittura per quattro mesi”. I giocatori e i tifosi sono col mister. Anche perchè sanno che lui antepone il bene della squadra a tutto, posto di lavoro compreso.

L’Alessandria festeggia la Serie B senza il nocchiere Ballacci

A una decina di giornate dalla fine, la squadra è sempre in testa. “Il segreto dell’Alessandria? Non sono dei signorini, ma degli uomini veri che non si tirano indietro”. Mai sazio di verità, Dino consegna alla stampa un comunicato in cui accusa tre dirigenti di fargli la fronda : “Agiscono contro l’interesse della società. Noi faremo di tutto per salire in serie B, anche se altri si preparano a farla ridiscendere immediatamente”. Per qualcuno Dino è tornato il ruvido Jean Gabin che si oppone all’autorità. Un raffinato accostamento di Bruno Roghi ai tempi del Ballacci terzino . Viene riesumata anche la storia della pistola. E coi suoi baffi spioventi, Dino diventa Wyatt Earp, lo sceriffo della panchina. “Mi sento più giocatore che allenatore. E giovane a quarantanove anni”. Tra quei pochi che non l’apprezzano c’è un manager dei calciatori. Dino lo affronta e lo attacca al muro : “Imbezel d’un cretein, la prossima volta ti do una bancata che te la ricordi”. Il manager si chiama Luciano Moggi.

Intanto l’Alessandria infila tre vittorie consecutive. A cinque giornate dalla fine, ha 9 (nove) punti di vantaggio sulla seconda. Ma Dino vuole garanzie sul rafforzamento della squadra per la B. Deve aspettare. Si cerca inutilmente di fissare un incontro al vertice: “L’ingegner Sacco ha detto che aveva da fare. Peccato. Adesso per tutta la settimana sarò io ad avere degli impegni”. Alla fine della settimana Dino non arriva. Viene cacciato prima. La contrapposizione ancestrale col presidente esplode nel momento in cui fa più rumore . E, forse, meno danni.

Con Renato Colusso al Moccagatta

“Sono stato licenziato per lesa maestà. Lo so: sono duro , villano, senza tatto, spigoloso, troppo impulsivo e ho un vocabolario ristretto. Ma se ho agito così, è perché non potevo fare diversamente. I giocatori in B si meriteranno gli applausi, ma chi andrà in panchina al posto mio, quegli applausi li avrà rubati”. I tifosi si chiedono quale sia l’esoterica ragione dell’esonero . Bussando, ovviamente, alla famiglia Sacco : “Ho voluto aspettare di proposito la sicurezza matematica. Ero stufo di sopportare le sue esuberanze dialettiche. Come tecnico lo rispetto e lo ringrazio. Quest’uomo però non fa per noi. Avevo bisogno di un allenatore tranquillo”.

Dino Ballacci nell’Alessandria 1980-’81

L’Alessandria pareggia 1-1 a Mantova ed è promossa in serie B. Lui segue dalla tribuna. Nello spogliatoio i calciatori non festeggiano nemmeno. Niente champagne.

Il ritorno di Ballacci ad Alessandria nel 2007 per la festa dei 95 anni dei Grigi

Si risale sul pullman e via. Intanto la gente acclama il suo mister. Paolo Sacco si avvicina e gli allunga una mano . Lui si gira dall’altra parte .Tornerà ad Alessandria e sarà un’altra promozione. Al termine di un sondaggio del giornale “Il Piccolo”, Dino Ballacci è stato votato miglior allenatore della storia dell’Alessandria. Ha battuto tutti. A proposito: al secondo posto si è piazzato Maurizio Sarri.

Ernesto Consolo

Da Soccernews24.it

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