Maradona spiegato a mia figlia
Nov 29, 2020

Era qualche anno fa e avevo preso quei filmati dei gol più belli di Diego per farli vedere a Sara: guarda che cosa faceva Maradona. Ma a Sara non piace il calcio. Rimane in piedi e ascolta.  Ma guarda questo calcio di punizione con una barriera di giocatori enorme, sono tutti lì schierati: tiro cha passa sopra, palla nell’angolo. Guarda quest’altra: ecco qui, Diego parte da metà campo e si sbarazza di uno, due, tutti. Reazione: “Carino. Posso mettere un po’ di musica papà? “. Ma come ? Guardalo, ha la coppa in mano, la Coppa del Mondo.

Contro la Fiorentina, controllato da Claudio Gentile, come al Mundial dell’82

Per me, che avevo già visto migliaia di partite, la prima partita di Diego sembrava la prima partita di tutti i tempi. E lui faceva una cosa incredibile: col piede così , dietro l’altro. Si chiama rabona. E rischio soltanto di inciamparle addosso.

Nell’Argentina

“Basta, mettiamo i video musicali”. Pensavo di sedurre Sara con immagini da campo o addirittura da spogliatoio. Ma se non sei malato di calcio come me, non sai nulla della tensione agonistica e nemmeno di quella preagonistica. Provo col documentario raffinato un po’ alla Minà, ma non trovo Minà. Ecco, la chiave biografica e poco calcio: colpisco nel segno. Diego aveva cominciato da una casetta in Argentina, con tanti fratelli e sorelle, di più sorelle. E non avevano niente. La casa poi la compra Diego coi primi soldi del calcio. Poi passiamo a un altro filmato e Sara spegne tutto l’entusiasmo: “Papà, quelli hanno detto cocaina”. Mi blocco. Anche se dovevo aspettarmelo. L’avevo vista così seria solo quando mi ha portato la pagella con un 5 in mezzo a tanti 7 e qualche 8.

Paolo Maldini cerca di bloccare Diego

Ci riprovo. Abbasso un po’ la voce. Le racconto di quel giorno, una domenica: era il 10 maggio,  Sandro Ciotti saluta il primo scudetto del Napoli così: “Da oggi la parola terrone ha un nuovo significato: persona attaccata alla propria terra”.  Questa a Sara è piaciuta. Si blocca lei, stavolta. Poi si siede comoda e fa sedere il telefonino. Ok, posso spiegarle Diego insieme a Napoli. La città mi aiuta, sicuro. E’ fatta. “Papà, ho capito che Diego veniva dalla sofferenza e anche Napoli: si sono riconosciuti”. Oppure si conoscevano da sempre. Ho una figlia meravigliosa. Pensa che a Napoli c’è un posto che si chiama San Giovanni a Teduccio dove quel 10 maggio qualcuno aveva fatto una pizza di cinque tonnellate per darla gratis. E poi Bruscolotti aprirà una pizzeria e la chiamerà proprio “10 maggio”. “Papà, ma Bruscolotti è un altro quartiere di Napoli o in Argentina ?”  Bruscolotti è un calciatore, un grande calciatore che adorava Diego e gli ha dato l’incarico di fare il capitano della squadra. Sara non ci ha capito quasi niente, è colpa mia. Garella, Volpecina, Ferrara, pausa, Bagni, Ferrario, Renica, pausa più lunga, Carnevale, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano. E questa Sara non l’ha proprio capita. Poi hanno fatto vestire i camerieri in maglietta e pantaloncini del Napoli.  Un garzone di macellaio viene licenziato perché si rifiuta di servire i clienti con la maglia numero 10. Sara si preoccupa: tranquilla, il ragazzo ci ripensa e viene prontamente reintegrato. Posillipo s’illuminava, Caracciolo come Rio de Janeiro. Da Piazza del Plebiscito veniva lanciata una mongolfiera azzurra diretta verso la collina del Vomero, che era intasato. Mi sento Galeazzi, anche se non sono fradicio. Sara guarda. Poi si distrae. Cambia canale. Sai, Diego è scappato via da Napoli nel buio, aveva quel problema. Non aggiungo altro. Sara si fa seria. Molto seria. Poi Diego è tornato . Qualche anno fa per una partita in notturna di ex-calciatori.

Contro il Verona di Briegel

Lo stadio si chiama San Paolo. Era stracolmo, come se si fosse fermato il tempo. Diego ritrovava una barriera delle sue punizioni difficili: erano i fotografi . C’erano sempre i fotografi anche quando non ci dovevano essere. E lui quella sera li salta alla sua maniera. Perché voleva farsi abbracciare. C’era un suo compagno di squadra: si chiama Alemao, che in Brasile vuol dire “tedesco” , perché in campo era uno di quelli senza paura, che si fanno rispettare, insomma un duro. Ma quella sera Alemao piangeva, piangeva. Nemmeno l’arbitro poteva consolarlo perché era commosso anche lui.

Ma Sara non parla. E poi il calcio non lo conosce.

E niente, non ci riesco.

L’altro giorno Sara ha saputo la notizia .

Deve aver letto o visto qualcosa, non so dove.

Poi ha messo una foto di Diego sul suo profilo facebook. Una foto grande con la maglia azzurra del Napoli.

Ci ha messo sopra un cuoricino. E ha spiegato lei Diego a me.

Ernesto Consolo

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