“Sono amico dell’arbitro”
Ott 23, 2023

E’ una gran bella cosa questo matrimonio. Anche perché la Juventus preferisce i giocatori sposati, che si possano dedicare al calcio con molta più tranquillità rispetto agli scapoli”. La benedizione è di Francesco Morini.

E’ un paesino del Galles che si chiama Flint. La chiesa cattolica di St. Mary è circondata da terrazze e finestre occupate da un esercito di fotografi. Visibilmente emozionato,Ian è arrivato su una Rolls Royce bianca con l’amico del Liverpool Ronnie Whelan . Il nuovo centravanti della Juve è vestito con un impeccabile tight in tessuto rigorosamente made in Italy. Tracey meravigliosa in un abito di seta color avorio stile vittoriano, orlato di pregiati pizzi inglesi. Cerimonia di mezz’ora e alla fine “I will”. Lo voglio. Poi un fotografo grida “Baciala all’italiana Ian”. “Greaves, Jordan, Blissett, Hateley. Tanti giocatori inglesi qui in Italia non sono riusciti a convincere. Io non farò quella fine. Io sono gallese”. Quando ha vinto laCoppa d’Inghilterra con doppietta contro l’Everton, in tribuna a Wembley c’era Boniperti. Che ha condotto la trattativa sotto traccia, sfruttando la disattenzione generale per i mondiali del Messico. Anche Agnelli s’è da tempo innamorato delle movenze del gallese. E’ una sfida a due col Barcellona di Venables che sogna di ricostituire la coppia gol gallese Rush-Hughes : “E’ stato abbastanza facile incontrare Boniperti in  gran segreto . Dovevate vedere lo stupore dei dirigenti bianconeri di fronte alla mia esitazione. Le cifre, fantastiche, erano già definite e Boniperti aveva una fretta enorme. Arrivò a darmi un ultimatum : o accetti entro mercoledì 4 giugno o non se ne fa nulla”.

Rush con l maglia del Liverpool (foto Guerin Sportivo)

Il 3 Ian Rush accetta. “A Torino sono andato per ufficializzare l’accordo , per vedere la città , l’avvocato Agnelli e i tifosi. E’ bastato quel blitz per far cadere le mie ultime perplessità”. Anche se Ian pretende la traduzione in inglese di tutto il contratto, clausole comprese. E i dirigenti della Juve non la prendono bene.

INTO THE BOX

John Charles è stato l’unico attaccante britannico che ha sfondato in Italia . Altri bomber mai, hanno fallito tutti. Sapete perché? Segnare è un mestiere difficile. Bisogna saper soffrire. Charles ci riusciva. Abbiamo la stessa origine operaia. Gli inglesi sono più snob, anche più ricchi. Noi gallesi invece siamo per tradizione grandi lavoratori. Gente che ha dovuto sempre combattere per farsi strada” . Sbarca sulla Thema di Morini che viene letteralmente assaltata dai tifosi. E’ andato a lezione d’italiano per un anno, ma conosce soltanto dieci parole. E quando un tifoso juventino finalmente riesce ad avvicinarlo e gli chiede “Ian, come stai? “, lui gli risponde “Ciao, grazie arrivederci”. E’ il fenotipo del one-touch-player. Rapido e mortifero , ma in via di estinzione. Qualche tiro da fuori, pochi dribbling. Ai compagni chiede solo : “Get the ball into the box” . Qualunque palla , sporca, radente o dal fondo, se arriva da quelle parti, è roba sua.

Nella Juventus (foto Guerin Sportivo)

E’ appena andato via le roi Michel. Come una glaciazione. Agnelli parla poco e si fa scappare solo che sarà un altro anno di rodaggio. D’altronde sul mercato s’è fatta la seconda smazzata in tre anni. Ma l’unità di misura delle stagioni della Juventus è la vittoria . Ed è arrivato il bomber più decorato. I tifosi hanno fretta.  Il precampionato di Ian è incoraggiante : 10 gol in 6 partite . Si accende perfino uno come Rino Marchesi : “E’ il modo in cui si muove , l’astuzia e la potenza con cui segna. Rush ha sorpreso anche me. Un fenomeno che rende tutto facile per il suo carattere docile. Non potevo immaginare che si integrasse così presto negli schemi . Né avrei osato immaginare che fosse così essenziale e lucido in ogni occasione, dotato di un repertorio di colpi davvero completo”. Poi una distrazione al retto femorale sinistro blocca Ian. E’ la prima volta in carriera che subisce un infortunio muscolare. E i giornali inglesi lo vedono già deluso, tormentato. “Vedere i compagni giocare, ti mette a terra”.

Ian Rush in versione baseball (foto Guerin Sportivo)

La prima è una sconfitta ad Empoli. Un paio di colpi di testa fuori bersaglio e un lungo traccheggio. La critica parla già di fiasco. Con la Juve responsabile in solido. “Non ero match-fit, non ero al 100%. Ho incontrato molte difficoltà soprattutto per il caldo. A Liverpool con un’afa simile non avevo mai giocato. Partita brutta, irripetibile. Mi sono arrivati pochissimi palloni giocabili. La Juve quando mi ha ingaggiato, conosceva le mie caratteristiche”. Marchesi gli risponde “I palloni si danno e si ricevono. Quando non gli arrivano, farebbe bene ad andarseli a cercare”. Arriva il Pescara e Ian tracima. Doppietta e spettacolo. E a fine partita viene fuori il suo carattere . Addirittura si scusa: “Ho fallito due gol che in altre occasioni avrei fatto. Che figuraccia ! Sono al 90%. Abbiamo trovato un gioco e io gioco bene quando giocano bene gli altri. Una giornata stupenda”. La maglia di quel giorno finisce subito nel museo del Liverpool ad Anfield Road. Arriva l’Avvocato Agnelli negli spogliatoi . Chiacchierano in perfetto inglese, of course. “Ci vorrebbero due Dalglish”, suggerisce Ian. Ma è solo una battuta. Anche Tracey l’ha seguito dalla tribuna. Difficile abituarsi alla nuova maglia del marito. Nei primi minuti ha applaudito a lungo il numero nove dei rossi, che è Gaudenzi.

Ancora Rush nelle vesti di eroe immortale di Anfield Road (foto Guerin Sportivo)

RON BRIDGES

E’ venuto alla Juve anche per giocare le Coppe Europee dopo il bando contro gl’inglesi. Ma, quando viene a sapere che per Panathinaikos-Juve di Coppa Uefa è stato designato l’arbitro gallese Ron Bridges, inizia a raccontare: “L’arbitro è un mio carissimo amico. Un amico fraterno. Abita a Flint , a due passi dalla casa dei miei genitori. Nel quartiere ci si conosce tutti. In partita potremo addirittura parlarci in dialetto gallese.  L’ho incontrato anche sabato. Gli ho detto che sono pronto ad offrirgli da bere ad Atene. Mi ha risposto che accetterà volentieri, ma al termine della gara”. I giornali greci ci sguazzano. Quando Ian sbarca ad Atene, la prima domanda è: “Davvero è così amico dell’arbitro Bridges?”. “Capita abitualmente in Inghilterra che i giocatori conoscano bene gli arbitri. Non mi favorirebbe nemmeno se fossi suo figlio”. Non va esattamente così. Peggio. I greci azzannano la caviglia di Ian dopo cinque minuti e Bridges non fa una piega. C’è un gol annullato alla Juve per fuorigioco di posizione. Due rigori non visti. La sconfitta è decisiva per l’eliminazione. Lui esce dal campo con la caviglia tumefatta : “Bridges è stato condizionato dalle troppe chiacchiere, dal fatto di conoscermi. Ci ha rimesso soltanto la Juve”. Marchesi non riesce a trattenersi: “Menomale che l’arbitro era suo amico”.

Il campione gallese con la Porsche personalizzata (foto Guerin Sportivo)

La distorsione non ferma Ian. Vuole giocare. Subito. A San Siro c’è la terza sconfitta esterna consecutiva e un fragoroso liscio in piena area. L’Inter vince con doppietta del suo predecessore Aldo Serena. Ian rimane l’unico alla sesta giornata a parlare ancora di Scudetto. “Mi basta un gol per tornare me stesso. Datemi tempo, sono in Italia da tre mesi. Devo ancora capire tante cose del campionato italiano. In Inghilterra si gioca con lo stesso ritmo veloce per novanta minuti. In Italia il passo è lento , ma d’improvviso si scatena con una rapidità che rischia di piantarti in asso. E’ molto difficile mantenere sempre la concentrazione . E poi qui ci sono i difensori più forti e duri del mondo”. Certe volte Marchesi vorrebbe quasi azzerarlo e poi infarcirlo di movimenti nuovi. Gli risponde a stretto giro di posta l’allenatore del Galles, Mike England: “Absolutely crazy, un’autentica follia. Non si possono spendere sette miliardi e passa per un giocatore e poi utilizzarlo in un altro ruolo: come comprare una Ferrari per andare a fare la spesa. Se la Juventus cercava qualcuno capace di dribblare tre avversari partendo dalla sua metà campo e andare in gol, ha sbagliato indirizzo”. Ad Anfield dicono che Rush alla Juve è come un trapianto di rene. La prima visita al Liverpool mette Ian alla prova. Anche perchè finalmente mangia i tanto cari fagioli stufati. Poi torna subito a Torino. Anzi , scappa . E rassicura : nessuna nostalgia. Anche se i reds veleggiano in testa alla classifica. E con i soldi di Ian hanno comprato un’ interessante ala del Watford, che si chiama John Barnes.

Nel campionato italiano (foto Guerin Sportivo)

Pronto riscatto con l’Avellino. Lui provoca un autogol e poi raddoppia . Azione personale e scavetto sull’uscita del portiere. E assist ad Alessio nel terzo gol. “Mi è riuscito un gol di quelli che segnavo al Liverpool. Il gol lo dedico ai tifosi che alla fine mi hanno applaudito. Una settimana fa ho ricevuto valanghe di critiche , sono state dette cose ingiuste. Ora è bastata una rete per farmi tornare all’improvviso campione? Se non giochiamo bene, non è colpa di Marchesi. Sono i giocatori che vanno in campo”. La caviglia è ancora gonfia. Certo non è colpa sua se la Juve non vince in trasferta da oltre un anno. A Pisa la squadra è devastante e lui provoca un altro autogol, ma forse l’ultimo tocco è ancora suo. Poi vola a Praga dove il Galles si gioca la qualificazione all’Europeo. Rifiuta l’iniezione antidolorifica, poi sbaglia quattro palle gol. La stampa inglese non aspettava altro. Marchesi invece lo aspetta, crede nella rimonta in campionato . Che senza il suo numero 9 sarebbe impensabile “Ian è sempre stato un combattente, non ha mai chiesto di star fuori. Ha soltanto bisogno di ritrovare gol e fiducia. Lo vedo in progresso”. La Juve intanto ha agguantato il secondo posto . “Vero che di palloni ne riceve pochi, vero anche che dovrebbe muoversi di più. Deve abituarsi a giocare con un avversario sempre alle costole e un altro pronto in seconda battuta. E’ una caratteristica del nostro calcio cui deve adattarsi”.

THE WELSH ARP

Ian ormai soffre di più il corpo a corpo con se stesso. Si chiude a riccio di fronte alle difficoltà. “Abito in collina , alberi e prati. Mi piace percorrerla nelle belle giornate. Mi ricorda un po’ il Galles. Da quando sono in Italia , penso troppo. A Liverpool segnavo tanto perché i miei movimenti erano del tutto istintivi. Qui a Torino le tante chiacchiere sulla difficoltà di far gol mi hanno condizionato. Quando un pallone arriva , io penso a cosa farne, a come colpirlo, a dove passarlo. E sbaglio. In area di rigore , non si deve riflettere , si deve agire e basta”. Adesso schiva accuratamente tutti i riflettori e vorrebbe rintanarsi in quel pub a Flint a due passi da casa: si chiama “The Welsh Arp” (L’arpa gallese) . Una pinta di birra, gli amici fidati e una partita a freccette. Qui non contano i gol. Non è neanche il locale più frequentato del paese.

Con il Galles

Scrive sul Sun, ma anche su Shoot e sembra ricavare un piacere collaterale nel muovere critiche al calcio nostrano. Nell’articolo intitolato “Juve svegliati”, parla dell’atteggiamento in trasferta: “Ogni giocatore vuole rimediare un pareggio. Laudrup riceve l’ordine di arretrare col risultato che per me diventa estremamente arduo trovare il gol. Vedo pochissimi palloni e non sono coinvolto nel gioco. Ho espresso questi miei problemi a Marchesi ma anche se andassi avanti fino all’asfissia, lui non modificherebbe le nostre tattiche di una virgola. Se vogliamo vincere dobbiamo adottare una mentalità più positiva, convincendoci del nostro potenziale d’attacco”. Vorrebbe una serie A diversa, coi 3 punti per la vittoria. E su questo, certo, non sbaglia. “I giocatori si divertono di più e anche gli spettatori”. La Juve è satura delle sue esternazioni, che piombano stavolta a ridosso della partita decisiva: Napoli-Juve. Lui smentisce, è stato frainteso. Va in Galles, ufficialmente per curare la caviglia, ma poi rimbalza la notizia che ha tirato dei rigori in un’esibizione per beneficienza. Boniperti risponde: 5 milioni di multa.  E si muove anche Agnelli: “E’ un diamante grezzo, un uomo di un certo fascino che a Torino non si sente a suo agio. Parla con i gol ? Mi sembra che a Torino non abbia parlato molto. Il Liverpool ha speso i soldi meglio di noi”. E’ sentenza.

Una delle prime immagini di Rush in bianconero: eccolo in occasione della tradizionale partita in famiglia a Villar Perosa, sotto lo sguardo degli Agnelli

Ian ha ancora pochissimi amici, non esce quasi mai. E sfrutta qualsiasi pretesto per rimanere a Flint fino a lunedì inoltrato. “Dopo la doccia al Liverpool ci si ritrovava tutti , noi e i nostri avversari, nella sala dello stadio riservata ai giocatori. Parlando con i colleghi si analizzavano i fatti e si scaricavano le tensioni accumulate durante la partita. Anche se ci si era scalciati con un rivale, si finiva per dimenticare tutto. Qui dopo la partita non c’è niente . Ognuno va per conto suo. E’ anche vero che sarebbe duro scambiare due chiacchiere con qualcuno che non ha fatto altro che sputarti in faccia per novanta minuti. Così sono costretto a tenermi dentro tutto e a dormirci sopra. E’ il momento peggiore della settimana in cui il Liverpool mi manca davvero”. Sorride ed è sereno solo quando incontra i bambini.

EVERTON

A Napoli la Juve esce dalla zona-Scudetto con sei mesi d’anticipo. Ian ancora bocciato. Prevale la paura : “Non sono un fesso. Se mi mandano in panchina , me ne vado” . E scatta la difesa al di là di ogni ragionevole dubbio. “Tra i gol che mi hanno ufficialmente attribuito e quelli che ho segnato, ma sono stati definiti autoreti (d’accordo non erano capolavori ma ci si deve accontentare quando ti tengono per la maglia per tutta la partita), sono riuscito a far centro più o meno una volta ogni due incontri”. Intanto smette di scrivere per il Sun. Il guru Bob Paisley, l’uomo che l’ha scoperto e poi forgiato, gli aveva detto che tutto in Italia sarebbe andato bene “ a patto che tu non ti faccia rompere le scatole dai giornalisti e le gambe dai difensori”. Dopo le bordate dei fogli britannici e l’entrataccia di Atene , forse non aveva tutti i torti. L’ennesimo ritardo nel rientro da Flint fa infuriare Boniperti. Anche se nel primo derby non delude. La caviglia finalmente è guarita. La Juve va sotto due volte. Ian serve l’assist del primo gol e poi provoca l’ennesima autorete allo scadere , segno che non molla mai. Poi col Milan due palle gol gigantesche, in progressione. Quelle che al Liverpool non sbagliava. Stavolta nemmeno Marchesi lo sottrae al pubblico pernacchio: “La sintesi della partita ? Gullit ha avuto due palle gol e ne ha messa in rete una. Rush ne ha avute altrettante e le ha sbagliate”.

Anche Rush ha giocato in quello che allora era il campionato più bello del mondo

Lui adora le settimane in cui si giocano tre partite. Gli ricordano qualcosa. C’è Pescara-Juve di Coppa Italia. Arranca con l’italiano, ma ha capito benissimo che non conta quanto la Coppa d’Inghilterra. E deve aver confuso la squadra di Galeone con l’Everton, perché in sessantasette minuti gli rifila quattro gol . Quasi quanto in mezzo campionato. “Ora tutti diranno che so segnare solo contro il Pescara. Non m’interessa”. Ora tutti diranno che sa segnare solo contro la zona.

Con la seconda maglia juventina

Non riesce a godersi nemmeno la quaterna . C’è ancora quel fantasma che aleggia sulla curvaFiladelfia. Platini era raffinato e divertente. Agnelli lo invitava spesso a cena nella sua villa in collina . Gli aveva regalato una Ferrari Gran Turismo. Per Ian ancora nessun invito . “Non ho mai invidiato nessuno e non mi confronto con Platini. Dimenticatelo. Non c’è più e non ci sarà mai un suo sosia . Certi pezzi sono unici”. E Michel gli dedica un pensiero: “Rush va servito coi cross dal fondo. E poi anch’io all’inizio in Italia ho avuto problemi. Avevo la pubalgia. E se Rush non ce l’ha , gli consiglio di farsela venire”. Ian Rush non va in televisione e nemmeno al Lido. Proletario di estrazione, suo padre l’ha fatto nascere in Galles nonostante vivesse a Chester, che è territorio inglese. I primi tempi al Liverpool non si cambiava nello spogliatoio perché si vergognava davanti ai compagni. Lo prendevano in giro.

Ma certamente apprezza quando Trevor Francis gli dedica un articolo sul Sun. Il titolo è “Piantala di frignare Ian!”. Prima spara a zero perché Ian non ha imparato la lingua. E poi sgancia il siluro: ”Guadagna 350 mila sterline l’anno e solo per questo dovrebbe svegliarsi tutte le mattine con un sorriso gigante. Vive come un re e si sta sistemando per il resto dei suoi giorni. Eppure dall’Italia non fanno che parlare dei suoi ‘problemi’ “. Ian non replica. E’ venuto anche per i soldi e non ne ha mai fatto mistero. Ma è il nono figlio (in tutto dieci) di un operaio di un acciaieria rimasto senza lavoro . Un’infanzia coi vestiti riciclati dei fratellini. A cinque anni ha contratto la meningite ed è stato salvato dagl’impacchi di ghiaccio di una vicina, l’unica della zona a possedere un frigorifero. La risposta a Francis arriva in campo.

Al ritorno con l’Inter il riscatto: conquista il rigore-vittoria: “Questa è la Juve che piace a me, aggressiva e ordinata”. Finalmente riesce a completare delle frasi nel suo italiano stentoreo. Il primo gol in trasferta lo segna ad Ascoli il 10 aprile. Forse proprio chiudendosi in se stesso prepara l’ottimo finale di stagione. Risolve il derby di ritorno e sempre a fil di sirena : la prepara col destro e la schiaffeggia col mancino. Col Napoli , palla stupenda di Mauro per l’affondo di De Agostini che la mette into the box : Ian guizza e sdraia Garella. Poi aggancio stupendo , finta e assist per Laudrup, che conquista un rigore. Gli arriva a casa un’enorme cassa della sua birra (gallese) preferita: la manda Boniperti.Torna al Liverpool dopo un intrigo internazionale con riflessi addirittura in Unione Sovietica. “Abbiamo capito che voleva andar via. Gli brillavano gli occhi” dicono alla Juve. “Sono tornato al Liverpool solo perché mi hanno voluto”. Lì trova quasi tutto come prima. Anche se Tracey gli cucina i rigatoni tutti i giorni. Nemmeno l’Everton è cambiato e sarà ancora doppietta in Coppa d’Inghilterra.

A Torino sono stato accolto come una specie di messia , ho avvertito subito le enormi aspettative della gente. Non ho mai pensato di mollare e non mi sentivo in una prigione come hanno scritto. Il pubblico è stato fin troppo paziente con me. La verità è che io, in fondo, non sono un tipo ambizioso . E’ un’esperienza che consiglio a tutti. A me ha aiutato a maturare. Il mio unico errore è stato quello di non scegliere la squadra giusta . Pensavo che la Juve fosse il Liverpool d’Italia. Comunque ho segnato più gol di Voeller”. Se ne va per rimanere se stesso. Uno come lui nel calcio italico non poteva lasciare traccia se non nelle statistiche. Anche se avesse segnato il doppio. Saluta l’Italia alla sua maniera. Con un rigore decisivo al Torino nel derby-Uefa. E un gol splendido a Zenga. Simbolico. Con la maglia del Galles.

Ernesto Consolo

Da Soccernews24.it

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