Ci rimase male. Molto male. Aveva messo sei compagni in barriera e Pelè gli fece gol proprio da quella parte. Rivelino prese la rincorsa, e lui pensò che nelle partite precedenti le punizioni le aveva calciate lui.
Pelé gli aveva lasciato il pallone anche un attimo prima, ma l’arbitro volle che il tiro fosse ripetuto. Stavolta successe che Rivelino allargò le gambe nel passare sulla palla, una finta, dietro c’era Pelé che partì, tirò e fece gol.
Numero 21 della Romania. Stere. Stere Adamache. Mondiale del 1970 in Messico. In quella manifestazione fu il primo portiere in assoluto ad essere sostituito nella storia dei Mondiali.
La Romania – terra di campioni dal talento immenso e dalla sorprendente discontinuità (ma dove avrebbe potuto arrivare quella Nazionale di Gica Hagi, che fece fuori l’Argentina nel Mondiale americano del 1994?) – ha sempre avuto anche una buonissima tradizione di portieri. I giovani di oggi parlano di Ciprian Tatarusanu, al Lione, ma diventato famoso con la Fiorentina.
Quelli indietro negli anni si ricordano di autentici “mostri sacri” come il gigante Necula Raducanu, oppure Dumitru Moraru, Lung papà, Silviu e Vasile Iordache; quelli meno anziani di Florin Prunea e di Bogdan Stelea.
Ma come dimenticarsi soprattutto di lui? Chiunque in Romania giochi a calcio e per di più faccia il portiere, non può non conoscere Helmuth Duckadam. Intere generazioni sono cresciute nel suo mito, ancor di più quelle che fanno il tifo per la Steaua Bucarest.
Chi è Duckadam? Un eroe per una notte, un fenomeno e uno sfortunato campione che non ha avuto l’opportunità di affermarsi. Ecco, tutto questo è lui. Nel calcio, troppo spesso, ci sono personaggi che si trasformano in eroi per un solo giorno ma che poi, per motivi più o meno noti, vengono sistematicamente archiviati nel dimenticatoio.
È questo il caso di Duckadam, portiere romeno della Steaua Bucarest che conquistò la Coppa Campioni nel 1986 battendo in finale il superfavorito Barcellona. Lui parò ben quattro rigori ai giocatori blaugrana.
Mario Bocchio