Fu una rivoluzione. La rivoluzione innescata da chi osò sfidare la divinità con la bruta e laica forza di un fallo. L’Athletic Bilbao non è solo la storia infinita di come lo spirito basco possa impossessarsi anche del calcio. Ma è anche Andoni Goikoetxea.
Chi se lo ricorda? Classe 1956, ha giocato come difensore nell’ Athletic Bilbao, nell’ Atlético Madrid, nella Nazionale spagnola e nella Nazionale basca. È considerato uno dei giocatori più violenti della storia, conosciuto anche come “Il macellaio di Bilbao” proprio per la scorrettezza dei suoi interventi.
Il più celebre è stato quello in cui spezzò Diego Armando Maradona. La rivoluzione di chi ha sfidato la divinità. Tra i tifosi dell’Athletic è conosciuto come El Gigante de Alonsotegui (Il Gigante di Alonsotegui).
Durante gli anni Ottanta, insieme con Dani, Manuel Sarabia, Txato Nuñez, José Ramón Gallego ed Andoni Zubizarreta fece parte dell’Athletic Bilbao allenato da Javier Clemente che vinse la Liga per due volte consecutive nel 1983 e nel 1984 (in quest’ultimo anno vinse anche la Coppa del Re). È perlopiù ricordato per il suo famoso e violento fallo su Diego Maradona in un match della Liga, al Camp Nou di Barcellona, il 24 settembre 1983, in cui l’argentino subì una frattura della caviglia in tre punti diversi.
A seguito di quell’ episodio, Goikoetxea rimediò ben otto giornate di squalifica dal giudice sportivo e venne proclamato il calciatore più cattivo della storia dal quotidiano inglese The Times. In totale con l’Athletic disputò 369 partite e segnò 44 gol, prima di abbandonare la squadra nel 1987, per giocare per tre stagioni nell’Atlético Madrid. Nel 1990 si è quindi ritirato.
Giocò anche 39 partite per la Spagna, debuttando contro l’Olanda il 16 febbraio 1983. Ha rappresentato le Furie Rosse sia al campionato d’Europa 1984 sia al campionato del mondo del 1986.
Durante quest’ultima competizione, precisamente nella partita contro la Danimarca, realizzò uno dei suoi quattro gol internazionali. Ha anche giocato due partite con la Euskal Selekzioa, la Nazionale basca, nel 1979 e nel 1988.
Nel 2008 il tabloid britannico Sun lo ha posizionato al secondo posto nella classifica dei calciatori più fallosi di sempre, alle spalle di Graeme Souness. “Quel fallo a Maradona è la mia croce”, mi confessò in un’afosissima serata d’agosto a metà degli anni Novanta.
“Non le conservo come un trofeo, non fraintendere. È che quelle scarpe sono le due facce della medaglia: la testa e la croce del calcio”. In una casa di Las Arenas, in Cantabria, dentro una teca di cristallo, c’ è un paio di scarpe da calcio marca Adidas usato soltanto due volte. Una delle quali per compiere l’empietà. Allenava l’Hercules, seconda divisione, e quando il Times scrisse che era lui il giocatore più violento di tutti i tempi riuscì a scherzare: “Primeggiare in qualcosa è difficile”. La sera che divenne famoso nel mondo, il 24 settembre 1983, era un sabato.
“L’ Athletic campione in carica giocava in trasferta al Camp Nou di Barcellona. Io avevo 27 anni, una figlia di 17 mesi, e nel 1981 avevo rotto un ginocchio a Schuster, costringendolo a uno stop di un anno. Il tedesco, che avrebbe poi allenato il Real, era del Barcellona. Allora il calcio spagnolo era duro: noi baschi dominavamo, la rivalità con il Barça era forte, e in campo in quei primi tempi di democrazia entravano rivendicazioni politiche; pulsioni autonomiste, frustrate per anni da Franco, di regioni che ancora oggi rivendicano la propria alterità” mi spiegò “Goiko”.
“Anche per questo, ci si picchiava parecchio. All’ inizio del secondo tempo i blaugrana vincono 2-0. Schuster fa un fallo su di me, l’ arbitro non fischia, io mi imbufalisco – la sua ricostruzione -. Maradona, 22 anni, lunghi riccioli neri, era la stella del Barcellona e il giocatore costato di più nella storia della Liga: per averlo, nel 1982 il club aveva sborsato, se non mi sbaglio, l’ equivalente di 7,8 milioni di euro. Aveva il numero 10 e le Puma. Passa vicino a me e cerca di calmarmi, ma non ci riesce. Arriva il 58′, Maradona controlla palla a metà campo, alle sue spalle in scivolata piombo io e commetto quel fallo che passa alla storia”. Gli rompe la caviglia sinistra, il malleolo, i legamenti.
L’ arbitro lo ammonisce. “Oggi sarei stato espulso” ha ammesso “Goiko”. Il giorno dopo per la stampa inglese Goikoetxea è “il macellaio di Bilbao”. Lui all’ inizio fa il duro, ma durante l’ udienza davanti al Comité de Competicion, responsabile per eventuali sanzioni, scoppia a piangere.
Mercoledì 28 settembre mette quel paio di Adidas per l’ ultima volta: al San Mames di Bilbao, l’ Athletic esordisce in Coppa Campioni contro il Lech Poznan. I baschi vincono 4-0, “Goiko” segna il primo gol; i compagni lo portano fuori dal campo sulle spalle mentre il pubblico canta solo per lui.
Quindici minuti dopo il fischio finale viene comunicata la sanzione per lo stopper: il Comité decide per otto giornate di squalifica, in realtà è un “fine pena mai”. Sarà sempre l’ uomo che ha rotto una gamba a Maradona. Che ha sfidato e oltraggiato la divinità. O se preferite, colui che ha osato sfregiare la Gioconda.
Mario Bocchio