Nell’eterna diatriba su chi sia stato il più forte calciatore di tutti i tempi in genere si dibatte sulla rivalità tra Pelè e Maradona. Prima di loro la scarsità di filmati e la memoria ormai lontana rende difficile un paragone con i campioni della prima metà del secolo. Alfredo Di Stefano merita di essere inserito insieme ai due mostri sacri nell’Olimpo del calcio mondiale: quantomeno alla pari con entrambi nella lotta per il titolo di più forte.
Ma se stiliamo una classifica del più completo, tutti concordano che non c’è lotta. Primo Di Stefano, con largo distacco su tutti gli altri. Persino su Pelè, che pure è stato davvero un giocatore capace di interpretare tutti i ruoli. Ma Di Stefano lo superava nella qualità raggiunta come difensore, centrocampista, rifinitore e goleador. In tutte le specialità era a livelli da numero uno. I non molti filmati testimoniano di questa sua capacità di interpretare ogni singola fase di gioco, ma soprattutto le cronache e i racconti di chi lo ha visto dal vivo ci dicono che la «Saeta Rubia», come era stato soprannominato, incuteva timore agli avversari in qualsiasi zona del campo.
Nato in Argentina, ha cambiato per sempre la storia del Real Madrid: una squadra che a inizio anni 50 era sull’orlo della retrocessione e che da vent’anni non riusciva a vincere un titolo nazionale. L’arrivo di Di Stefano ha portato otto vittorie sui dieci campionati disputati e ha creato la leggenda del Real in Coppa Campioni: cinque vittorie consecutive, con almeno un gol segnato in tutte le finali. Anche questo un record finora irraggiungibile. Ed è stato proprio negli anni di don Alfredo che si sono invertiti i rapporti di forza tra Real e Barcellona, fino ad allora dominatore del calcio spagnolo.
Per capire cosa significasse avere Di Stefano in campo basta raccontare una sua azione rimasta nella leggenda: dopo aver colpito la traversa con un tiro da fuori area, così forte da far rimbalzare il pallone a metà campo, aveva ripiegato e ripreso il pallone prima di chiunque altro, lo aveva riportato nella metà campo avversaria e aveva tirato di nuovo: questa volta centrando il bersaglio. Non ci sono filmati, altrimenti il gol del secolo sarebbe probabilmente il suo.
La sua carriera nel Real ha subito un’interruzione dopo la sconfitta nella finale della Coppa Campioni del 1964, contro l’Inter di Herrera. Ma è stata solo una parentesi perchè il legame con Madrid l’ha riportato proprio lì per chiudere anche la seconda carriera, quella di allenatore. Anche questa una carriera vincente: due campionati e una Coppa di Argentina, un campionato e una Coppa delle Coppe con il Valencia, una Supercoppa di Spagna con il Real.
Nel 2000 Florentino Perez lo nomina presidente d’onore del Real, la squadra che senza di lui non avrebbe iniziato l’epopea che l’ha portato a essere la prima squadra di club al mondo, indipendentemente dal numero di trofei vinti.
Per chi non l’ha mai visto giocare e chiede quale fosse il suo ruolo, la risposta è semplice: uno qualsiasi, perchè comunque Di Stefano era il migliore.
Mattia Losi