ll piccolo Savoia che contende lo scudetto ai campioni del Genoa
Set 7, 2023

Ha solo diciotto anni ma è già un predestinato. Fulvio Bernardini, romano, inizia a giocare a calcio nel ruolo di portiere poi, dopo aver preso quattro reti dal Napoli decide che è meglio giocare in attacco. La classe c’è, non per niente sarà il primo calciatore del Centro Sud ad essere convocato per la Nazionale. Nella doppia finale della Lega Sud, anno 1923, ha praticamente da solo portato la sua Lazio ad aver la meglio del U.S.Savoia, realizzando una rete a Torre Annunziata nell’incontro di andata e addirittura tre reti nel match di ritorno a Roma, terminato quattro a uno.

È il primo luglio del 1923. Il giorno della delusione per il popolo torrese. Non riesce a superarla neppure Pasquale Fabbrocino, il presidente della squadra torrese. Il passaggio del testimone nelle mani di Teodoro Cosmo Gennaro Voiello è il naturale evolversi della vicenda societaria. Giovane brillante, primogenito di Giovanni Voiello, produttore del più grande e rinomato molino e pastificio di Torre, è un appassionato di sport in genere ma nel calcio trova la sua massima aspirazione. La base è solida, bisogna trovare gli uomini giusti con cui migliorare alcuni ruoli di una formazione tra le più forti in Italia. D’altronde l’esperienza non gli manca, l’organizzazione con cui negli anni la Voiello è diventata la numero uno dipende anche dalla sua nuova gestione innovativa e manageriale. Adesso il fratello Attilio segue l’andamento dei pastifici insieme ad una sfilza di sorelle e all’inossidabile Don Giovanni, il Capo.

Confermato il mister Raffaele Di Giorgio, si decide di affiancarlo con un esperto della preparazione, Wisbar.

Il Savoia nel 1924

In porta il prescelto è Mario Beccaro, protagonista suo malgrado del caso più discusso dalla tifoseria torrese. Nonostante abbia subito solo due reti nelle prime dieci partite di campionato, viene sostituito da un ragazzo torrese Ciro Visciano, arrivato in squadra due anni prima. Per l’attacco si ingaggia il forte Mombelli, andrà a completare un trio atomico con Giulio Bobbio e Ernesto Ghisi, trenta gol in tre a fine stagione. Bobbio rimane nella storia torrese per il record di reti segnate con la maglia bianca, 47 gol in 57 partite. Ghisi, nato in Egitto ma italianissimo, realizza “solo” 34 reti nelle 58 partite disputate nella sua permanenza torrese.

Il campionato è una marcia quasi inarrestabile, tutto procede al meglio con la squadra in grande salute, si arriva in modo naturale alla finale di Lega Sud contro l’Alba Roma. A Torre, due reti di Giulio Bobbio bastano per aver ragione dei romani ma al ritorno la sconfitta arriva nel secondo tempo ad opera di Degni. Serve lo spareggio per designare la sfidante del Genoa. Non ci sarà, la squadra romana non si presenta a Livorno, la vittoria a tavolino catapulta il Savoia in finale, un risultato storico.

Una rara immagine della sfida

I campani si presentano a Genova consapevoli di giocare contro la squadra che è la leggenda del calcio italiano ma anche convinti di essere forti, avendo già migliorato il risultato finale dell’anno precedente. Ma Teodoro Voiello vuole entrare nella storia come il primo presidente di una squadra del Centro Sud a vincere lo scudetto, è il suo sogno. Un buon gruppo di appassionati torresi, circa duecento, segue la squadra nella trasferta più importante della storia del Savoia, capitanati da Teodoro e altri componenti della famiglia Voiello, in quel di Marassi.

Il 31 agosto del 1924, alle ore 16,25, inizia la partita di andata, arbitrata dal signor Gama di Milano. Il Savoia si schiera con Ciro Visciano in porta, la difesa è composta da Giovanni Nebbia, detto “Sartulin”, acquistato per 2000 lire e con un ingaggio di 800 lire al mese, messo sulle costole del sornione e potente Santamaria, bomber genoano; Giuseppe Lo Bianco, 24enne di Bacoli, proveniente dai “Diavoli Rossi” della Puteolana, fortissima formazione che contendeva al Savoia il primato meridionale; il veloce Borghetto sulla fascia sinistra. Davanti alla difesa era piazzato Gaia. La linea di centrocampo formata dall’altro fortissimo mediano puteolano Nicola Cassese (futuro giocatore del Napoli); il torrese Mario Orsini, una vita nel Savoia; Angelo Maltagliati, prelevato dallo Stabia. In attacco il trio delle meraviglie: i già citati Ghisi (I), Mombelli e il novarese Giulio Bobbio, il bomber savoiardo.

Il Genoa che colse il suo nono e ultimo scudetto

Mombelli, con un bel destro, impegna subito il portiere genoano ma poi nel giro di due mibuti a cavallo del quarto d’ora il Genoa si porta sul 2-0 con un tiro da fuori area di Catto e con Sardo che gira in rete un passaggio di Santamaria. Il primo tempo si chiude con il doppio vantaggio e nell’intervallo Teodoro scende negli spogliatoi ad incoraggiare i ragazzi, capisce le difficoltà dell’impresa ma chiede ai suoi di provarci.

Il genoano Renzo De Vecchi, uno dei più grandi difensori italiani della storia

La ripresa inizia con Cassese che, complice una distorsione alla caviglia, viene spostato sull’ala sinistra. Ma il Savoia sembra più spigliato, forse anche alleggerito dalla pressione dopo essere passato in svantaggio. Al 49′ fallo di Sardi,  punizione crossata al centro, colpo di testa di Bobbio e vantaggio dimezzato: battuto il portiere della Nazionale, De Prà. I bianchi adesso ci credono e si lanciano in attacchi furibondi, spinti anche dagli incitamenti dei tifosi torresi sugli spalti. I campioni genoani, tra cui una decina di nazionali, sono in difficoltà ma al 55′ arriva un tiro del genoano Costelli, parata di Visciano, che però non blocca, si avventa sul pallone e sul portiere l’esperto Aristodemo Santamaria, che fissa il risultato sul 3-1.

Il Savoia riparte di nuovo all’attacco, mai domo anche se in inferiorità numerica dall’inizio del secondo tempo, forte di una condizione fisica migliore rispetto ai padroni di casa, ma non riesce a pungere i titolati avversari. A tre minuti dalla fine un tiro di Neri, del Genoa, viene parato da Visciano, il quale urta contro il palo e rimane a terra per alcuni minuti. Sono momenti di paura per il giovane portiere torrese. Alla ripresa del gioco, Visciano, in pessime condizioni e menomato, viene spostato al centro della difesa. Il risultato finale non cambia e l’arbitro fischia la fine. Applausi scroscianti per tutti, ma soprattutto per la formazione dei bianchi che ha saputo impressionare non poco per il suo gioco coraggioso e spumeggiante.

L’invito per la gara di Torre Annunziata

Le parole che Teodoro Voiello pronuncerà alla fine del match sono chiare e nette, non vuole che nessuno si senta sconfitto prima di quella decisiva partita di ritorno: “La sconfitta è arrivata puntuale, era stata messa in preventivo, però la festa per questa finale storica non può concludersi cosi, deve continuare. Tra una settimana a Torre Annunziata faremo in modo di ricambiare con la nostra ospitalità gli amici genovesi. Poi faremo in modo che il nostro orgoglio e il nostro coraggio calcistico sia riconosciuto in tutta Italia, ci arrenderemo solo al fischio finale dell’arbitro”.

La fotocronaca delle finalissima giocata a Genova

Il 7 settembre l’Oncino, il piccolo stadio del Savoia, viene vestito a festa, i biglietti della partita sono andati esauriti nei giorni precedenti, un’impresa trovare posto nel polveroso campo torrese. L’arrivo del Genoa, a Torre Annunziata, era stato l’antipasto della festa che si sarebbe svolta sul campo: il treno della Circumvesuviana porta lo squadrone ligure nella cittadina oplontina famosa per la sua immensa produzione di pasta, anche se la crisi post bellica ed il calo di esportazione continua a farsi sentire. Le carrozzelle trainate dai cavalli, accompagnate da tifosi festanti, trasportano gli increduli genoani fino al Municipio dove trovano un impeccabile Francesco Gallo dè Tommasi, da tre mesi sindaco della città al posto dell’onnipresente Pelagio Rossi, il quale offre doni sotto forma di pacchi di pasta della migliore qualità a tutti gli illustri ospiti con una cerimonia preparata nei minimi particolari. Il Capitano del Genoa, Renzo De Vecchi, soprannominato “Figlio di Dio” dai tifosi del Milan, per la sua classe sfoggiata in occasione dei suoi inizi con la maglia rossonera, è visibilmente impacciato. Bastano questi piccoli gesti e queste dimostrazioni di affetto ed entusiasmo per commuovere un calciatore che con le sue 43 partite in Nazionale sarebbe diventato una leggenda vivente.

La targa commemorativa fatta affiggere dalla Pro Loco

Il giorno della partita viene vissuta dal Genoa come il continuo di una festa. Il trasloco dal Municipio di Torre Annunziata fino all’Hotel Suisse di Pompei, cinquanta camere di lusso all’ingresso degli Scavi, di proprietà della famiglia svizzera Item, avviene tra le ali di una folla genuina e festante. L’immagine di Torre Annunziata viene risaltata in Italia da diversi quotidiani, sportivi e non. La piccola cittadina partenopea appare agli occhi del pubblico un’isola felice nel difficile Meridione alle prese con la grande crisi dovuta allo svolgimento della Prima Guerra Mondiale.

Savoia e Genoa sono in campo, L’Oncino è il teatro dell’atto finale dell’epica sfida. Di proprietà della famiglia Orsini, il terreno di gioco in terra battuta, è provvisto di una piccola tribuna d’onore per i personaggi piu facoltosi che possono permettersi il lusso del “football”. Lo scenario, con la favolosa visione dell’azzurro del mare alle spalle, è da brividi. Unico inconveniente, la vicinanza con il mare costringe spesso i raccattapalle a recuperare i palloni tra le onde oplontine. Arbitro della finale di ritorno è stato designato il signor Augusto Rangone di Alessandria, il miglior fischietto italiano in circolazione, giunto a Torre Annunziata in treno, seduto accanto alla squadra genoana. Rangone è stato uno dei fondatori dell’Alessandria nel 1912, dove poi ritornerà nel 1925 per diventarne l’allenatore, prima di collaborare assieme a Vittorio Pozzo alla creazione del miracolo azzurro che porterà l’Italia a vincere due Mondiali , nel 1934 e nel 1938.

Il Savoia si schiera al centro del campo con la stessa identica formazione dell’andata, con in porta Ciro Visciano, ancora sofferente per l’infortunio patito una settimana prima in quel di Marassi, e Cassese, reduce da una distorsione rimediata sempre nel match d’andata che obbligò il Savoia a giocare in dieci per tutto il secondo tempo. Dal canto suo il Genoa può permettersi il lusso di sostituire tre acciaccati. Alle 16,50 e arriva il fischio di inizio di Rangone. Le cronache dell’epoca riportano azioni da una parte all’altra, con i campani pronti a rispondere colpo su colpo alla migliore tecnica degli avversari. La classe dei grifoni non è in discussione, ma l’ardore e foga di Mombelli, Bobbio, e Maltagliati, provano ad infastidire l’armata genoana.

Il primo tempo di conclude con il risultato di 0-0. Non sappiamo cosa successe nell’intervallo, vogliamo provare ad immaginarlo: Teodoro Voiello, presidentissimo, in odore di impresa, arriva a promettere favolosi premi ai suoi uomini ma viene fermato da mister Di Giorgio il quale è certo di vincere questa partita contando sul coraggio e la tecnica dei ragazzi, i quali si stringono uno accanto all’altro urlando ad alta voce che usciranno dal campo senza essere battuti, magari con un pareggio, ma giurando a loro stessi che neanche il Grande Genoa sarebbe riuscito a passare a Torre Annunziata. L’urlo dei giocatori del Savoia arriva cosi forte all’esterno che contagia la folla assiepata.

L’inizio della ripresa è un autentico assedio alla porta genoana. I liguri appaiono preoccupati dalla foga dei torresi anche perché loro sono stati già proclamati Campioni d’Italia dalla Federazione (!) e quasi non si spiegano tutto questo ardore del Savoia. Al minuto 71′ la svolta. Un tiro da lontano del solito Catto viene respinto dal nostro Visciano, sulla palla si avventa Moruzzi il cui tiro sbatte sotto la traversa e torna in campo. Gol, non gol? L’ineffabile signor Rangone ci pensa un attimo, poi non mostra esitazione, concede il gol tra le proteste di Bobbio e compagni.

I giornali commentano le due gare di finale

La rete non rete toglie parecchi imbarazzi a tante persone, dalla Federazione alla Nazionale, in attesa dei calciatori genoani, tutti preoccupati per una eventuale bella. Ma il risultato non fa altro che irrobustire la carica savoiarda: passano solo due minuti e un passaggio filtrante di Bobbio mette in condizione Mombelli di sferrare un fortissimo tiro che piega, ancora una volta come all’andata, il portiere della Nazionale, Da Prà.

Gli ultimi minuti sono un autentico supplizio per i Grifoni, il Savoia si trova più volte in zona gol ma non si riesce a bucare la rete genoana per il gol che avrebbe sancito lo spareggio. Al 90′ arriva il fischio finale di Rangone di Alessandria. Tutti i protagonisti vengono portati in trionfo dai sostenitori torresi. Le cronache parlano a lungo di una piccola squadra chiamata Savoia che ha saputo tenere testa ai campioni del Genoa, che con questa partita vince il suo nono e ultimo scudetto della sua storia.

Rimangono gli applausi di Teodoro Voiello ai suoi uomini e all’ottimo lavoro svolto dal suo gruppo, che gli permette l’anno successivo di diventare uno dei primissimi dirigenti della Lega del Centro Sud, appena trasferita a Napoli. Rimangono gli applausi dei tifosi a quegli eroi che seppero lottare su ogni pallone e su qualsiasi campo per ottenere l’ambita vittoria e il ringraziamento per essere rimasti imbattuti nella leggendaria finale.

Rimangono i commenti, le parole, i racconti di centinaia di giornali a testimonianza di una sfida resa avvincente dal coraggio del Savoia. E rimane una lapide a ricordo di quegli epici eventi preparata dalla ProLoco nel 1974, per l’anniversario del cinquantenario.

Storiedicalcio

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