Una squadra per certi versi unica nella storia del calcio italiano
Gen 5, 2024

La figurina-stemma della Gavinovese

Ballò un anno poi tornò sotto mentite spoglie, ma quel nome e quella figurina dell’album Panini è rimasta nella memoria collettiva degli amanti del calcio del tempo andato. Perché ancora oggi se su un social si pubblica una storia legata alla Gavinovese, le “visite” salgono alle stelle segno di un interesse che quel nome sparito da 50 anni dal calcio italiano continua a suscitare. Addetti ai lavori a parte, in pochi conoscono la storia della nascita della Gavinovese ancora meno sono i protagonisti che la possono raccontare, ma per fortuna qualcuno di loro lo ha fatto prima di passare a miglior vita e ci ha permesso di non perdere memoria di quella squadra. 

Qui non si parlerà di campo, basta andare su Wikipedia per seguire quel torneo, ancora meglio cercare in qualche sito specializzato per avere ulteriori approfondimenti. Qui si parla della nascita di una squadra per certi versi unica nella storia del calcio italiano

La Gaviese

Il 27 maggio 1973, 49 anni fa, la Gaviese, squadra di un paese di poche migliaia di abitanti in Val Lemme, sud est del Piemonte al confine con la vicina Liguria da cui tanto si è attinto in termini di cultura e identità (fino a qualche anno fa l’aggettivo Ligure era accanto al nome del paese), ottenne una storica promozione in serie C. La terza serie degli anni ’70 non era cosa per piccole realtà: Mantova, Alessandria, Teramo, Modena, Udinese e altri città capoluogo di provincia se non di regione come il Venezia la popolavano e lo spazio delle fiabe era ristretto.

Dopo la vittoria del campionato di promozione 1969-’70, calciatori e tifosi della Gaviese festeggiarono la serie D

Dovevano ancora arrivare gli anni ’90 e i miracoli Licata o Castel di Sangro. Allora il calcio era affare serio. Come fece la piccola Gaviese da Gavi – nota in Italia oggi per il suo bianco di vitigno Cortese che negli anni ’70 certo non aveva il fascino attuale – a vincere il suo torneo di serie D è presto detto.  Un patron come solo gli anni’70 potevano regalare era l’artefice di quel miracolo: si chiamava Emilio Cervetto e aveva rilevato i biancogranta nati nel 1920 da qualche stagione portandoli anno dopo anno dall’anonimato del football regionale ai fasti della serie D.

La figurina-stemma della Novese

Disilluso dalla risposta del paese e dei suoi uomini forti, Cervetto decise di lasciare la presidenza ritirandosi nella frazione di Rovereto dove finanziò il tamburello altra passione del Piemonte profondo (tutti dovrebbero assistere a un match di quello sport, soprattutto del tamburello a muro, per capire cosa voglia dire essere piemontesi).

La Novese di Robbiano

Nella vicina Novi, il patron Mario Robbiano era rimasto scottato dalla beffa patita ad opera dei cugini: lui che aveva investito milioni per riportare la Novese in C, aveva visto la sua squadra impelagata in media classifica, per di più dopo un pari a Gavi e una sconfitta 2-1 patita coi biancogranata al Comunale. Mario Robbiano da solo meriterebbe una biografia. Ex carabiniere, originario di Silvano d’Orba, impresario edile nella Milano degli anni ’70, secondo Lorenzo Traverso (segretario della Gaviese prima e della Gavinovese poi cui è dedicato questo racconto) sarebbe stato una delle guardie del corpo di Enrico Mattei, scampato per caso alla morte del presidente dell’Eni.

Si avvicinò al calcio negli anni ’70 a Savona – viveva ad Albisola – e la Novese dove approdò nel 1971 definito da un giornale cittadino un mix fra il missionario e l’astuto mercante. La sua Novese la porta in serie D dalla Promozione ma trova sulla sua strada proprio la Gaviese, dove pochi anni prima Robbiano aveva minacciato di trasferirsi. La Novese non aveva bisogno di Robbiano per essere conosciuta: quello Scudetto centrato nel 1921-‘22 la elesse per sempre nella storia del calcio evitando di mandarla nel dimenticatoio cui sono da sempre condannati i team di provincia.

L’estate 1973

La celebre figurina “Panini” della Gavinovese

Dopo il trionfo della Gaviese in serie D e le dimissioni di Cervetto, Robbiano inizia un breve ma intenso abboccamento con la Gaviese per una fusione a freddo non senza qualche normale bisticcio, anzi mugugno, di parte gaviese dove la rimanente parte della dirigenza aveva capito che più che di fusione si trattava di acquisizione del titolo sportivo. In un suo libro del 2017, Lorenzo Traverso racconta il perché fu possibile la fusione: Novi e Gavi confinano per pochi metri in zona Lomellina, una sorta di Toscana in pochi chilometri di vigneti e colline. Quel fazzoletto di terra permise di proporre una fusione che si ratificò in un’assemblea congiunta nel giugno 1973 che portò alla nascita del club il cui nome però fu scelto nel viaggio che portava i dirigenti da Novi a Firenze per l’iscrizione in serie C.

Mister Enrico Hanset, il tecnico del miracolo Gaviese dell’anno precedente (per lui tanto girovagare nei campi di mezza Italia negli anni successivi)  la campagna acquisti di Robbiano, incontrastato presidente del club porta a Novi dall’Albenga Zunino, Schiesaro e Di Fabio (fu spedito nel mercato di riparazione a Martina Franca, rifiutò e smise per sempre col calcio a poco più di 21 anni) e il genoano Sobrero, il portiere Chiaravalle, il libero ex Piacenza Avere, il mediano Toccacieli da Caserta e da Massa un attaccante toscano, Ulivieri, acquistato in modo rocambolesco dal Livorno, che alla fine con 16 reti trascinerà la Gavinovese alla salvezza prima di spiccare il volo fra i professionisti. Robbiano ha sempre avuto un fiuto speciale per le punte e lui ne sarà la dimostrazione. Completavano la rosa i riconfermati protagonisti della promozione della Gaviese Nervi, Aimone, Pacciani e Gittone.

Quella Gavinovese, ancora prima di scendere in campo divenne oggetto delle attenzioni dei giornali e delle Tv nazionali: raramente nel calcio un club nasceva in serie C in quel modo.

Lo “stato maggiore” della Gavinovese

Le avversarie

I nomi si trovano ovunque e a scorre le rose si ritrovano anche giocatori del calcio italiano degli anni ’70 e ’80, come Osvaldo Bagnoli, in quell’anno allenatore della Solbiatese o Francesco Casagrnade (Fiorentina, Samp e Cagliari nel suo curriculum) o ancora Livio Pin, compagno all’Unionclodiasottomarina. E ancora un certo Sergio Brighenti allora mister del Lecco poi secondo storico del ct della Nazionale Azeglio Vicini. Nel Lecco militava anche Gianfranco Motta negli anni ’90 mister dall’Alessandria. Nel Legnano giocava Oscar Lesca ,che sarà mister della Novese negli anni ’90; a Vercelli stava per spiccare il volo Paolo Sollier (chi non lo conosce?). Un quadro di insieme che non impedì a quella giovane e inesperta Gavinovese di salvarsi, ma questo si trova sui libri e su internet.

Maurizio Iappini

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