Best that you can do: Carlo Sartori, italiano nel Manchester United
Ott 17, 2023

Lui è uno di quegl’italiani che non hanno avuto difficoltà a scegliere la squadra per cui tifare agli ultimi mondiali. Nasce in un paese minuscolo che si chiama Caderzone Terme, nella Val Rendena. Perde tragicamente alla nascita la sorellina gemella. E si parte per l’Inghilterra. La famiglia Sartori va a vivere ad Ancoats, in Blossom Street: è quello che a Manchester tutti chiamano il “ghetto italiano”. Dopo due anni, i Sartori si trasferiscono nel quartiere operaio di Collyhurst. Qui riavviano un’officina di arrotino, uno dei brand della terra d’origine. A Manchester li chiamano “moleta”. Ma, mentre contribuisce alle fortune della Sartori Sharpening Services , il piccolo Carlo sogna di diventare calciatore come il suo idolo, che si chiama Denis Law .

Già all’età di otto anni, Carlo Sartori gioca con la Saint Malachy’s School. E gioca bene. Si fanno vivi l’Everton, il Burnley e il West Bromwich. E poi i fratelli di Carlo tifano per il Manchester City e un contatto c’è. Poi l’ultimo giorno di scuola arriva qualcuno : “Un insegnante m’informa che il signor Joe Armstrong del Manchester United sta venendo a casa mia per vedermi. Ha preso una tazza di tè con mia mamma. Poi ho preso l’autobus e sono stato presentato ai giocatori. Incluso Denis. Dopo averne imitato le sceneggiate a scuola, improvvisamente, stavo giocando con lui”.

Nella “rosa” del Manchester Utd 1969-’70

A quindici anni Carlo inizia la trafila delle giovanili del Manchester United . “Quando sono arrivato, la ferita per il disastro aereo di Monaco era ancora aperta”. Gioca nella squadra B e continua a dare una mano nell’azienda di famiglia. Non lo ferma nemmeno un infortunio alla schiena. Sei gol in sei partite. E una hat trick al Manchester City: la partita finisce 9-0. Nel torneo Blue Stars di Zurigo affronta il Bologna , è il maggio 1965: lui ha appena firmato il primo contratto da professionista con il Manchester United. I Red Devils vincono 2-1. Non immagina che otto anni dopo proprio la maglia di quella squadra italiana sarà sua.  Nove gol in diciannove partite ed è pronto per sir Matt Busby. La chiamata dopo una doppietta al Netherfield. Il 9 ottobre 1968 Carlo esordisce in prima squadra : numero 12 contro il Tottenham. “Subentrai a Francis Burns a venti minuti dalla fine. Avrei anche segnato. Mi dà una palla Paddy Crerand, io vedo Pat Jennings con la coda dell’occhio. Lo salto, ma Mike England salva sulla linea”.

Foto in azione, con autografo

E’ il primo calciatore straniero non britannico della storia dei Red Devils. Tre giorni dopo ad Anfield Road contro il Liverpool sostituisce George Best. “Ho avuto la fortuna di giocare bene. Tutti i tifosi gridavano il mio nome e mi ha dato la carica”. Il 16 ottobre c’è il ritorno della finale di Coppa Intercontinentale: Manchester United-Estudiantes. Tra l’altro, poco adatta ai deboli di cuore (e di gamba). Come l’andata. Dopo 43 minuti, Denis Law si scontra con il portiere argentino Poletti, deve uscire. Ed entra Carlo Sartori. Law dirà poi di essere stato colpito volontariamente.

Il Manchester è sotto di un gol, anzi due perché ha perso 1-0 all’andata. Il campo scivoloso agevola gli argentini. Bobby Charlton, George Best e Carlo Sartori hanno pochi spazi . Solo un tiro di Charlton, respinto dal portiere. Poi qualche argentino allunga troppo la gamba. “Gli argentini dicevano che Nobby Stiles era un killer, ma loro erano peggio”. E saltano i nervi: a un quarto d’ora dalla fine, Best molla un destro al mento di un difensore argentino. L’arbitro sorvola, scatenando dieci minuti di corrida. Al termine, Best e l’argentino Medina vengono cacciati: “Il guardalinee era Lo Bello. Ho provato a spiegargli in italiano, ma non ha voluto sentire . Best è il calciatore più completo col quale ho giocato. Anche se giocasse adesso, sarebbe sempre il migliore. Un bravissimo ragazzo. Non ha fatto male a nessuno, se non a se stesso”.

Nel 1970 contro il Chelsea

Carlo Sartori gioca una decina di partite come ala destra e rischia di togliere la maglia anche a Denis Law. Esordisce anche in Coppa Campioni. Suo il gol decisivo contro l’Anderlecht su passaggio di Paddy Crerand. “E’ stato il momento più bello della mia breve carriera calcistica. Ma spero ne vengano molti altri”. Come quando al City Ground di Nottingham ottiene la sponda di Bobby Charlton e segna con una botta dal limite. Non s’impressiona davanti a Gordon Banks : gol anche allo Stoke City.  

Un primo piano di Sartori in abiti civili

Quella faccia da ragazzo della porta accanto potrebbe nascondere un conflitto interiore :  “Quando gioco, non penso alla mia nazionalità. E poi i miei compagni di squadra sembrano ignorare questo particolare. Per me non ci sono vie di mezzo. Non potrei mai sopportare di essere italiano come nascita e mentalità e di avere un passaporto inglese”. Per il momento non si muove: “Quando si ha la fortuna di capitare nel Manchester United, chi vuole passare a un’altra squadra?”.

Sartori contro il Leeds

Ma è un Manchester diverso da quello che ha vinto quasi tutto. Galleggia a metà classifica, in corsa solo in Europa. Sulla sua strada c’è il Milan di Rivera e Rocco. Da due anni Carlo non viene in Italia. “Purtroppo i miei amici sono tifosi del Milan. A San Siro, se giocherò, faranno il tifo contro di me”. Passa il Milan, lui non gioca neanche un minuto.

“Busby è stato come un padre”. Quando smette di allenare, anche Wilf McGuinness punta su Carlo Sartori. Il 7 maggio 1970 c’è il torneo di New York e si ritrova contro una squadra italiana: Manchester United-Bari. Segnano prima i Red Devils con Best, ma il Bari reagisce e pareggia con Spadetto. Nel secondo tempo proprio Carlo Sartori segna il 2-1 in posizione dubbia. Proteste vibranti e alcuni tifosi baresi invadono il campo. Riescono a raggiungere l’arbitro greco Constantine e un guardalinee, che vengono picchiati senza ritegno. La partita viene sospesa per venti minuti.  Quella parte italiana di cui chiunque potrebbe fare a meno.

Nel derby contro il Manchester City

Ma dopo un paio di buone annate, Carlo finisce tra le riserve. Lo vogliono Southampton, Ipswich, Oldham, lo esaspera di telefonate l’allenatore del Brighton. Niente da fare. “Dopo lo United, cambiare squadra in Inghilterra, sarebbe negativo”. Ci mette lo zampino Gigi Peronace, manager calabrese che vive da tempo in Inghilterra. Curiosamente quello che aveva portato Denis Law in Italia.

“Ho lasciato il Manchester. Io mi considero inglese e italiano. La cosa migliore è venire in Italia. Le mie radici sono in Italia”. Quel sentimento intenso che prorompe è ancora illegittimo. Infatti non può essere tesserato da una squadra italiana perché proviene da federazione straniera. E poi Carlo ha paura di scoprire il lato romantico. Si mostra spesso come un burbero, tanto che a Manchester lo hanno paragonato a un Jack Russell.

Nel Benevento

“Soltanto io ci tengo a ricordare che sono italiano “. Lo dice anche il passaporto. Ad ottobre del 1972 il Genoa ha un’opzione su di lui. Fa un tentativo anche la Fiorentina. A dicembre il campionato inglese è sospeso. Carlo si allena per settimane col Bologna. E’ felice. E gioca quasi clandestinamente due amichevoli: Bologna-Forlì 5-0 e un incredibile 3-1 con cui i rossoblù battono la nazionale svedese. Tra l’altro, gol suo e di Savoldi.

In Italia, a venticinque anni, Carlo deve innanzitutto adempiere agli obblighi di leva: “Dovevo andare un paio di giorni a settimana in una base militare di Bologna”. E viene buono per la Nazionale Militare. Ci sono con lui Ivano Bordon, Vavassori, Oriali, Furino, Rampanti e Francesco Graziani. Vanno in Congo per la Coppa del Mondo per nazionali militari. Anche se Carlo rappresenta una nazione che per il momento gli impedisce di giocare una sola partita ufficiale in squadre di club. Per la cronaca, i nostri in finale non demeritano: “Ho una medaglia d’oro”.

Il Genoa non vuole mollarlo. Il suo presidente Berrino fa sapere che Carlo Sartori dovrebbe arrivare entro aprile ‘73. Proprio il 12 aprile la Lega calcio conferma il blocco all’ingresso di calciatori stranieri in Italia, ma con un correttivo voluto espressamente dal Bologna e approvato all’unanimità: si apre ai calciatori provenienti da federazione straniera purchè nati in Italia. E proprio il Bologna tessera Carlo Sartori. Per la modica cifra di ottanta milioni di lire. Il 28 aprile c’è l’approvazione del Consiglio federale . Ma lui nel frattempo con la maglia del Bologna ha giocato due partite del torneo anglo-italiano: la prima al St. James’ Park contro il Newcastle, la seconda casalinga contro il Blackpool. Una morbida transizione.

E incasella un altro primato: dopo di lui arrivano alla spicciolata altri calciatori nati in Italia, ma provenienti da federazioni straniere. Soprattutto dall’Argentina, come Dante Mircoli (Estudiantes, Independiente), Claudio Vitulano e il portiere Cafaro (che giocherà un derby col Milan). Qualcuno arriva anche dal Belgio.

Nel Lecce

Ad agosto Carlo Sartori debutta in Coppa Italia e il Bologna batte il Genoa. “Inizio alla grande”. Pur non brillando davanti, si mostra molto utile nella fase difensiva. Anzi, evita due gol quasi fatti. Ma si vuole un attaccante che possa appoggiare adeguatamente Savoldi e presto viene fuori l’equivoco: Carlo Sartori non è una seconda punta e nemmeno un’ala. E a qualche giornalista scappa: “Come lui in Italia ce ne sono diecimila”.  

“Qualcosa non andava con i compagni. Ero boicottato. Non mi passavano la palla”. In campionato per lui una maglia non è nemmeno contendibile: una trentina di minuti in tutto, divisi in due quarti d’ora. “Ho perso fiducia. Ero militare con la famiglia in Inghilterra”. Il passato nel Manchester diventa l’aggravante. Anche se da buon inglese sembra apprezzare di più la nostra Coppa nazionale: gioca quattro volte e il Bologna la vince.

L’oggetto misterioso finisce alla Spal, ma le cose non cambiano. “Corre troppo. Dribbla troppo. Sbaglia troppo”. Altra bocciatura. Anche se fa meno rumore. Dirà George Best : “Carlo un bravo ragazzo, ma non propriamente un buon calciatore”. Al Benevento in C però c’è la svolta. Anche grazie a Pietro Santin in panchina. Il tecnico gli cambia ruolo, arretrandolo in mezzo al campo.

Lo compra il Lecce di Mimmo Renna, neopromosso in serie B. C’è la Coppa Italia, è il 5 settembre 1976. Dall’altra parte i campioni d’Italia del Torino di Gigi Radice. Allo stadio si sta stretti: trentamila persone, la capienza è ventimila. L’esordio di Carlo Sartori con la nuova maglia è semplicemente devastante. Già al sesto gli nega il gol solo una paratissima di Castellini. Lui batte l’angolo susseguente, che Loddi al volo trasforma in gol. Dopo il pareggio di Pecci, è ancora lui ad avviare l’azione del gol vittoria: con Biondi manda in barca la tattica dell’off-side del Torino e il pallone è comodo per il 2-1 di Montenegro. Pubblico in delirio. Lecce qualificato al turno successivo, facendo fuori anche un’altra squadra di serie A, il Foggia.

Ancora nel Lecce, sulle figurine

Quel Lecce impone quattro pareggi a Inter e Juve. E battendo gli inglesi dello Scarborough, realizza il trouble: campionato, Coppa Italia di serie C e torneo anglo-italiano per semiprofessionisti. Per Carlo Sartori una bella sensazione in faccia al calcio inglese. Non ci pensa proprio più: “Ho messo famiglia in Italia, ci sono nato e ho molta affinità con il posto”. All’esordio in campionato va addirittura in gol. Il Lecce sarà la squadra rivelazione della serie B. E anche grazie ai suoi assist, Gaetano Montenegro va in doppia cifra.

Lui gioca di solito numero 7. Il piede è apprezzabile. Suoi i corner. Ma è ormai un tuttocampista, perchè imposta, tampona e poi lo ritrovi sotto le due porte. Forse britannico per cifra agonistica, certo italiano per duttilità tattica. “Bisogna rendersi conto di quello che si sa fare. E dare il meglio”.

E il suo Lecce frequenta le prime posizioni. Ci sono un giovane Miceli, gli esperti Merlo , Biasiolo e Magistrelli. C’è anche il duo sfortunato di terzini Lo Russo-Pezzella. Dodici risultati utili consecutivi. Curiosamente c’è il tecnico che gli ha cambiato ruolo tre anni prima, Pietro Santin. E’ il 3 dicembre 1978 quando a Lecce arriva il Pescara capolista: apre le marcature proprio Carlo Sartori con una sberla dai venti metri che sbatte sul palo e s’infila alla destra del portiere. Solo al 91° il Pescara agguanta il pareggio che a fine campionato peserà.

Lui corre, è dappertutto. Segna altri gol importanti e nei modi più disparati: contro il Genoa missile su calcio di punizione corretto dal vento. Per lui l’unico campionato vinto sarà quello di serie C con la maglia delRimini. Sempre in testa al plotone negli allenamenti, mentre in campo la fascia di capitano sottende più che lunga militanza, le stimmate del trascinatore. Dell’unico in grado di regolare il ritmo circadiano della squadra. Stavolta gli danno il numero 8, ma anche il 9 e l’11, poi ancora il 7. Intorno a lui ci sono corridori ancora più assatanati e in avanti gli ultimi gol di Saltutti.

Nel Rimini, sulle figurine Panini

Ad agosto si batte il Milan in amichevole. Capitan Sartori instancabile. Stratosferico primo tempo a Varese con assist e gol. Il Rimini è avanti 2-0. Poi crolla e, con lui, tutta la squadra: 2-2. Alla fine è un nono posto, il terzo miglior piazzamento di sempre.

L’anno dopo gioca meno. E’ comunque tra i migliori in campo nello storico successo dell’Olimpico contro la Lazio, doppiato in casa . Nonostante il prodigarsi anche di Negrisolo e Parlanti, il Rimini retrocede per differenza reti : “Quando ripenso alla mia carriera, mi sento privilegiato. Non ho mai raggiunto grande notorietà o roba simile, ma ero molto amato e questo vuol dire tutto”.

Ma quando si traccia un bilancio, la partita di Carlo Sartori impossibile da dimenticare rimane quella col Lecce a Monza del 17 giugno 1979. Pochi dei presenti quel giorno sono riusciti a rimuoverne il ricordo. I salentini non hanno più nulla da chiedere al campionato , mentre al Monza serve un risultato positivo per andare in serie A. Nel gioco di incastri potrebbe addirittura bastare il pareggio. Ci sono gli alpini in riga, coccarde tricolori dappertutto e lo spumante in frigo. Si aspetta solo il Lecce, possibilmente in versione balneare.

Ma il Lecce decide di giocarsela. E tra quelli che si oppongono energicamente alla partita in playback c’è proprio Carlo Sartori. Il mediano monzese Corti non gliela perdona e lo scalcia. Prende prima il giallo. Siamo solo alla mezz’ora e Corti perde definitivamente la testa: entra violentemente ancora su Sartori e becca un rosso sacrosanto. In dieci il Monza barcolla. Quarantunesimo : lancio di venticinque metri di Sartori , Loddi infila al volo di sinistro. Da cineteca. Monza-Lecce 0-1.

Da quel momento il pubblico prende di mira proprio Carlo Sartori. E non solo il pubblico. Viene letteralmente perseguitato in campo. Ad inizio ripresa in lui affiora un lieve istinto aggressivo come una sorta di autodifesa. E lo spazio tra un gesto giusto e uno sbagliato si assottiglia. Quasi si annulla. Quando entra deciso su Pallavicini, arrivano tre monzesi per farsi giustizia sommaria. Carlo Sartori viene menato allegramente. Forse all’arbitro non sembra vero poter riequilibrare le forze in campo. Esito della gazzarra: cacciato Sartori. Solo lui.

Quel giorno il Monza perde la serie A. E’ l’ ultima partita di Carlo Sartori con la maglia del Lecce. Una splendida vittoria in trasferta in cui gli avversari lo hanno accusato di eccessivo impegno. Anche se si trattava semplicemente del suo dovere.

Ernesto Consolo

Da Soccernews24.it

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