Dire tre gol in cinque minuti non rende l’idea
Ott 13, 2022

Reagan sta lottando contro Andropov per gli Euromissili; Ambrogio Fogar contro il Blizzard, terribile vento artico; Sandokan contro gli inglesi su Rai 2. Marzo 1983. Per lo scudetto lottano Roma e Juve. Domenica 26 marzo, 25ª giornata: i bianconeri, a -3, affrontano il Torino con ragionevoli speranze di avvicinare i giallorossi, impegnati a Firenze. La vigilia della Juve è serena. Forse troppo. Zibì Boniek assicura: «Sarà più dura in coppa, contro il Widzew Lodz». Roberto Bettega è all’ultimo derby, finirà la carriera in Canada: «Vorrei salutare con un gol».

Paolo Rossi e Giuliano Terraneo
Alessandro Bonesso

«Ma no – spiega Giovanni Trapattoni -, mi piace questa attesa tranquilla. Dobbiamo educare i tifosi alla calma». Trap – come racconta Luigi Garlando – recupera Brio e Paolo Rossi e può schierare la formazione migliore, cioè 6 campioni del mondo più Platini, Boniek e arte varia. La serenità del Trap si spiega. Neppure Eugenio Bersellini ha problemi. Ma la sua migliore formazione significa che Van de Korput è al suo posto e «Spadino» Selvaggi pure. Patricio Hernandez provoca: «Genzano e Vignola meglio di Platini». Il Toro punta a un posto Uefa. Spiega Renato Zaccarelli: «Dobbiamo vincere per questo e per far perdere lo scudetto alla Juve». Parte forte il Toro, la Juve argina, affila il contropiede, ascolta la radio: al 9′ Fiorentina-Roma 1-0. L’ovazione della curva Filadelfia spinge i bianconeri in gol. Il retropassaggio di Van de Korput è un suicidio: Pablito guizza, s’infila e fa l’1-0. Al 15′ la Juve è a un punto dalla Roma (34-33). Il pomeriggio bianconero promette dolcezze. Il Toro accusa. La Juve reclama due rigori e al 20′ della ripresa Lo Bello la accontenta: Zaccarelli stende Boniek. Batte Platini, Terraneo respinge, Platini riprende e segna. Pure la fortuna sembra bianconera, oggi. Rimontare due gol alla Mondial-Juve sembra un’ impresa disperata. Più facile arrivare a piedi al Polo Nord. Armaduk trascina meglio di Van de Korput. E invece… Minuto 25: Galbiati strappa palla a Scirea, s’invola e crossa per Dossena che di testa batte Zoff. È il primo squillo della carica, suonato dal migliore in campo: Beppe Dossena. Che a fine partita dirà: «Erano sicuri di sbranarci, non conoscevano il cuore del Toro». Un tifoso granata affronta il Ct Enzo Bearzot in tribuna: «Invece di chiamare i morti, convoca Dossena!» Il Ct, che prima del Mundial si era preso un ceffone da una beccalossiana, abbozza: «Lo richiamerò, certo. Io l’ho fatto debuttare…». Minuto 27: Dossena per Beruatto che crossa da sinistra. Bonesso anticipa Brio e incorna. Trap se lo sbranerebbe quel ragazzo: viene dal Cusano Milanino… Alessandro Bonesso: «Per farvi un’idea della mia gioia, pensate che io sono “nato” al Filadelfia: a 14 anni passai dal Cusano alle giovanili del Toro. Vissi subito da raccattapalle lo scudetto del ’75-‘76, a 17 anni esordii con Radice. Ho trascorso i momenti migliori del dopo-Superga, compresi gli incredibili 5 minuti del derby». Bersellini intanto punta il dito contro il cielo: «Lo dicevo che lassù qualcuno ci avrebbe ascoltato…». Continua Bonesso: «Ora vivo in Romagna, terra di juventini, i ragazzini mi chiedono sempre di quel gol. L’anno prima, a 20 anni, ne avevo fatti 8. Ma tutti ricordano solo quello. A una riunione di allenatori a Forlì, ritrovai Trapattoni. Non ho più capelli, non mi avrebbe riconosciuto. Mi sono presentato. Mi ha detto: “Tu mi hai sempre rotto i coglioni…”. Avevo segnato anche nel derby dell’anno prima. E anche nelle giovanili facevo sempre gol alla Juve». Il Toro non si ferma più: è Sandokan all’assalto degli inglesi che scappano. Minuto 30: Zaccarelli per Van de Korput che mette in mezzo. Sulla palla si avventa Fortunato Torrisi, che da piccolo tifava Roma. Alla Maratona piace anche perché dipinge quadri naïf e rimanda al ricordo di Gigi Meroni e della sua mansarda in piazza Vittorio.

Fortunato Torrisi: «All’andata avevamo perso male, qualche juventino aveva infierito. Invece della vendetta ci siamo trovati sotto di 2 gol, con Tardelli e Cabrini che si sorridevano sicuri di aver già vinto. Recupero palla in difesa, salgo, mi butto sul cross di Van de Korput, al volo: se non avesse picchiato terra, Zoff ci sarebbe arrivato. Ringrazio Bersellini che mi sostituì: vedere quel Toro scatenato da fuori è stato uno spettacolo. Non si era fermato, cercava il 4-2. Dal campo non avevo avuto la giusta percezione di tanto furore. Quel gol mi ha segnato la vita». La Roma rimediò un 2-2 a Firenze e si portò a + 4. A fine derby, il Trap era furioso: «Addio scudetto! Narcisisti! Cercavano il bel voto sul giornale, i miei!» Claudio Gentile era elettrico: «Si è spenta la luce e nessuno riusciva a trovare l’ interruttore». Michel Platini ebbe un déjà vu: «Come a Siviglia, quando stavo battendo la Germania 3-1».Roberto Bettega disse le stesse cose che avrebbe detto Marcello Lippi dopo una rimonta di 3 gol in un derby: «Certe cose accadono una sola volta nella vita». Almeno due, quindi. Il giorno dopo, Bettega registrò la sua trasmissione televisiva «Caccia al 13» e gli toccò sorridere all’ospite: Eugenio Bersellini. Paolo Rossi invece battezzò suo figlio: Alessandro.

Come Bonesso. Giampiero Boniperti aveva lasciato il Comunale alla fine del primo tempo. A casa telefonò all’Avvocato: nessuno dei due voleva credere a quanto aveva raccontato Ameri per radio. Già. Incredibile. Dino Zoff, che aveva resistito per un’eternità al Brasile di Zico, si era arreso 3 volte in 5 minuti al Toro di Van de Korput. E ha ragione Renato Zaccarelli quando spiega: «Dire 3 gol in 5 minuti non rende l’idea. Bisogna pensare: gol, palla a loro, la riprendiamo, gol, palla a loro, la riprendiamo, gol. Tutto in soli 5 minuti». Molti juventini di allora hanno rimosso. Come Antonio Cabrini: «Non ricordo nulla di quella partita, mi spiace». Gli altri continuano a non darsi spiegazioni. Sergio Brio: «Non dovevo giocare: pubalgia. Prima dell’inizio il professor Pizzetti mi fece un’infiltrazione, ma faticai: ricordo bene come mi anticipò Bonesso. Ma è inutile cercare spiegazioni razionali per quei 5 minuti assurdi. Quello fu un anno maledetto. Il derby anticipò la Juve di Atene: incapace di reagire davanti all’Amburgo di Magath». Chi cerca spiegazioni irrazionali, più o meno diaboliche, consideri che direttore generale di quel Torino era Luciano Moggi.

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