“Non mi ha mai dato fastidio essere suo fratello”
Feb 5, 2023

La famiglia Baresi era nata per il calcio. Prima di Franco, infatti, fu calciatore il fratello Giuseppe, o semplicemente Beppe per i compagni. A differenza del fratello Beppe Baresi fu preso dall’Inter da ragazzino e alla fine passerà quasi tutta la carriera con la maglia nerazzurra indosso. L’esordio in campionato risale al 1977 e pochi anni dopo divenne capitano della squadra, vincendo con la fascia al braccio diversi titoli. Difensore come il fratello – sottolinea Lorenzo Di Benedetto – con la maglia dell’Inter giocherà quasi seicento partite prima di chiudere la carriera al Modena. Dopo l’addio al calcio giocato, tornerà all’Inter per una lunga carriera diviso fra tecnico delle giovanili, assistente tecnico e osservatore per le giovanili. In carriera ha vinto due Campionati italiani, due Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa UEFA.

Beppe B., fratello di… Beppe, quante volte questo ritornello? Sorriso. Il solito sorriso. Quello di sempre, lui era il più vecchio, ma sembrava il più giovane. Come ha scritto Riccardo Signori, forse anche oggi che gli anni sono passati e passano e Franco fa sbuffare il sorriso sotto quella sua faccia eternamente incartapecorita. Beppe Baresi è il fratello di Franco, ovvero Baresi brothers, marchio calcistico di serietà.

L’Inter che al termine del campionato 1979-’80 si laureò campione d’Italia

Beppe, non si è stufato di essere il fratello di…?

«Ci ho fatto l’abitudine. No, non mi dà fastidio. Mi piace, mi dà soddisfazione, mi sento fiero: anch’io ho fatto una bella carriera. Siamo arrivati ragazzini dal paesello, io avevo 14 anni, e siamo diventati i capitani delle due squadre più importanti d’Italia. Cosa chiedere di più?».

La sua è stata una vita da mediano…

«Azzeccato. Ho cominciato come terzino, destro, sinistro, non importa. Poi sono diventato mediano, un ruolo che mi piaceva di più, sempre dentro al gioco ma in funzione degli altri. Mi chiedevano di fermare l’avversario più difficile ed era una grande soddisfazione ».

Gli avversari che in campo l’hanno fatta dannare?

«Quattro nomi: Causio, Claudio Sala, Novellino e Bagni, bravi tecnicamente, forti, cattivi, erano duelli veri».

Solo loro?

«Poi c’erano le stelle: Maradona, Platini, Zico. Per me era una sfida con me stesso. Mi chiedevo sempre: ce la farò? Ma se ci riuscivo, che soddisfazione! Maradona e Platini facevano proprio la differenza, con loro diventavano bravi tutti i compagni».

In azione con la fascioa di capitano dell’Inter

Si è tolto soddisfazioni, ma il top della carriera?

«Il mondiale in Messico nel 1986, anche se non è andato bene, e lo scudetto 1988-‘89».

In maglia azzurra

Delusioni?

«Una su tutte, ma con me stesso: persi il mondiale ’82 per colpa mia. In quegli anni mi sentivo forte, un po’ troppo. Mi prese il rilassamento, uno sbandamento: alla sera vai a letto un po’ più tardi, osservi meno la dieta, non ti alleni al cento per cento. E addio mondiale. Mi è bastato per rimettermi in riga».

Cinque persone che hanno contato nella sua storia?

«I genitori, che mi hanno dato le basi, peccato non abbiano visto i frutti. I miei fratelli e il primo allenatore Guido Settembrino. La famiglia: ho un figlio, Simone, e una figlia, Regina, che giocano entrambi a pallone. Bersellini, l’allenatore che mi ha svezzato. E Trapattoni: mi ha fatto capire che stava venendo il momento di smettere».

Tre presidenti, uno preferito?

«Non direi. Con Fraizzoli ho vinto uno scudetto e sembrava un papà. Con Pellegrini ho vinto un altro titolo e mi ha accompagnato per tutta la carriera. Moratti mi ha dato la seconda giovinezza: quella di fare l’allenatore con Mourinho nell’Inter del Triplete».

La conclusione della carriera da calciatore a Modena

Baresi è un marchio di serietà. Una bella immagine?

«Lo abbiamo dimostrato con i fatti e negli anni. La ricetta? Lavoro e lavoro, mai polemiche, mai casi particolari. La gente ci saluta ancora per quanto abbiamo dato, non solo in campo».

Qualche volta parlate dei derby fratricidi?

«Quasi mai, anche perché li ricordo poco. Tranne uno: quello che si vede spesso in tv. Campionato 1979-‘80: noi dell’Inter vinciamo 2-0 con due gol di Beccalossi, sotto la pioggia. Bellissimo».

Con Mourinho sulla panchina dell’Inter

Mancini dove va collocato?

«Insieme a Bersellini e Trapattoni. Conferma la dinastia dei vincenti. Chi vince ha qualità».

Se dovesse citare i suoi giocatori preferiti?

«Tutti quelli di una vita da mediano. Oriali, un esempio. Matthäus, un trascinatore. Ma anche Cambiasso e Zanetti, ovvio».

E con Franco cosa vi dite, quando parlate della vostra storia?

«Ogni tanto ricordiamo. Forse allora non ci rendevamo conto della nostra fortuna: due fratelli capitani nel derby di Milano. Era bello da godere. Ma poi basta, il passato è ricordo. Meglio il presente e il futuro: sono la vita».

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