Non tirate su Socrates
Dic 5, 2023

La partita di campionato è Fiorentina-Lazio e Lionello Manfredonia cade a terra. La sua Lazio è sotto di tre gol. Gli si avvicina per primo un giocatore della Fiorentina e lo soccorre prontamente. Come fosse un operatore sanitario. Anzi, un medico. Perché il giocatore viola è un medico. Manfredonia sta bene, si riprende subito. E’ stata una bella giornata per la Fiorentina e il dottore ha anche segnato il primo gol della partita. E’ arrivato in Italia. A sorpresa. Ma non sarebbe mai venuto senza un fatto accaduto un mese prima: a San Paolo del Brasile, il dottore parla a un comizio organizzato dai partiti di opposizione al regime dei generali. Davanti a un milione e mezzo di persone : “Se il governo accetterà di convocare subito le elezioni a suffragio universale del presidente , io resto. Varrebbe la pena di vivere finalmente in un paese libero e democratico. Altrimenti me ne andrò”. Quel giorno il suo nome non è Socrates . E nemmeno Calcanhar de Deus . Ma è solo Brasileiro. E’ un cittadino brasiliano all’interno del gruppo che potrà diventare un partito solo quando il Paese sarà libero.

Socrates alla Fiorentina con Antognoni e Passarella

Le elezioni vengono rinviate e il dottore se ne va a Firenze. Certo c’entrano anche i dollari, unico rifugio per chi proviene da crisi economica e inflazione : “Altri giocatori brasiliani sono venuti solo per i soldi. Io sono venuto non solo per quelli. Sono già una persona privilegiata. Trent’anni è l’età giusta per vedere cosa c’è oltre il proprio mondo. E sono in Italia perché ho una missione da compiere: ho intenzione di frequentare un corso di perfezionamento in ortopedia pediatrica e voglio iscrivermi alla facoltà di Scienze Sociali. Quando tra qualche anno tornerò in Brasile potrò lavorare in una medicina sociale diretta alle popolazioni più povere e marginalizzate. L’Italia è bella e piena di civiltà. L’ho scelta per fare un certo tirocinio politico e trasmetterlo in futuro ai miei connazionali che hanno tanto bisogno di democrazia”. Con in squadra il capitano della nazionale brasiliana e il capitano di quella argentina (Passarella) Firenze sogna. Dopo un clamoroso secondo posto e un terzo, è arrivato quel calciatore che può permettere il tanto atteso salto di qualità. E il tecnico Picchio De Sisti carica:  siamo forti, siamo da Scudetto. Socrates arriva a Campo di Marte e alza in aria il pugno chiuso. Cita Che Guevara e quando gli chiedono qual è l’italiano che ammira di più, risponde Antonio Gramsci. Che qualcuno va a cercare nell’Almanacco Panini.

O Doutor  in maglia viola

Diceva Che Guevara che “quando si sogna da soli è un sogno. Quando si sogna in due, comincia la realtà”. Socrates si lascia alle spalle tre anni meravigliosi in cui ha trasformato la sua squadra in un’avanguardia temuta dagli avversari sul campo quanto dal declinante regime dei generali: il Corinthians,società di indole proletaria e multietnica,dove tutto viene deciso da un’ assemblea non solo dei giocatori. E’ la democrazia corinthiana.  Per decidere la formazione ci si riunisce tutti e si vota. Il tecnico decide le ore di allenamento, ma sono i giocatori a fissare orario e sede . “E’ stato possibile perché non tutti i brasiliani hanno una zucca piena d’aria , come diceva Glauber Rocha. Probabilmente il momento più perfetto della vita. Non so se in Italia sarà possibile”. Chi mancava non veniva multato, perché la libertà genera responsabilità. Sulle maglie compariva la parola democrazia oppure andate a votare, magari a rovescio per protesta contro i generali. I premi partita ripartiti equamente tra titolari e riserve. Nella finale, poi vinta , del campionato Paulista si entrava in campo ballando Gilberto Gil. L’anno dopo il dottore aveva espresso un desiderio: voglio morire in una domenica di sole, nell’anno in cui il Corinthians diventerà campione del Brasile. E così sarà. Socrates eternamente em nossos coracoes.

Il “dottor Guevara del futebol”

A Firenze propone di portare le mogli in ritiro. “Il calcio è una famiglia reale, tutti principini. Hanno tutti bisogno del papà . Altrimenti fanno l’amore, fanno peccato . A che servono i ritiri? Che torture, che sofferenza. Eppure è un discorso logico: se io sto lontano da casa, è quello il mio primo pensiero. Se tu vivi a casa, dove c’è il tuo cuore , il lavoro diventa il tuo primo pensiero”. Deve intervenire il direttore sportivo Tito Corsi : “E’ meglio far parlare Socrates il meno possibile”. Lui se ne va al concerto di Bob Dylan.

LIBERO

Nei primi giorni di ritiro sulle Dolomiti si fa dodici chilometri. Poi soffre e si ferma. Improvvisamente. Salta subito fuori il prolasso della valvola mitralica. Scoppia il caso e Socrates stramazza a terra durante un allenamento. Passano alcuni secondi . Poi si alza . Si fa una gran risata. “Io non sono un giocatore di calcio. Nel senso che non ho una struttura da atleta”. In realtà è perfettamente idoneo e il suo problema è molto diffuso anche tra i cestisti. “Sono arrivato in Italia e mi sono subito infortunato . Per il vostro mondo capitalista è incomprensibile. Impossibile fermare una macchina che tira calci a un pallone. Che fa comodo soprattutto se non pensa. E’ lo specchio di tutto il resto . Il calcio qui è come la religione, come la Chiesa. Immobile, tutto fermo. Guai a chiedersi il perché delle cose. In questo il Brasile è uguale”.

Alcuni giornalisti lasciano la conferenza stampa sdegnati. Secondo alcuni addetti ai lavori nostrani, lo aspettano massicciate di terzini e mediani pronti a latrare sulle sue caviglie : “Non sono un fantasista ma un uomo concreto, preferisco la continuità al genio. Anche il colpo di tacco va inteso come la scelta tecnica più logica in un determinato momento. E’ la maniera più semplice per liberarmi di un avversario, di servire un compagno. Non un preziosismo”. Nonostante il metro e novanta, o Magrao ( il secco ) ha un dolce rapporto con il pallone. Coi suoi piedi piccoli : “Mi sento per metà artista e per metà operaio. Artista quando vado in campo, perchè il calcio è basicamente un’attività artistica, uno spettacolo. In campo per fortuna non c’è nessuna dittatura, siamo tutti artisti. Operaio per sei giorni alla settimana quando mi preparo alla partita. Come operaio sono strapagato, come artista sono un uomo popolare manipolato, nel senso che il pubblico vuol fare di me un idolo pronto però a crearne un altro appena mi ritiene finito. I tifosi non mi devono vedere come un idolo. Gli idoli sono persone perfette e io non lo sono”.

Ai tempi della Democracia Corinthiana

Gioca una partitella come libero, prima dell’esordio in casa contro la Casertana. Diecimila candeline accese nella Fiesole e un boato a ogni tocco di palla. Dopo pochi minuti con un colpo di tacco lancia l’attaccante a rete. Ma è quello della Casertana : “Ormai mi sento fiorentino. Firenze è bella ma è tutto chiuso a mezzanotte. Vorrei mangiare ai miei orari, non alle 7 e mezza”. Cambiare abitudini comprende tutto. Anche i pacchetti di sigarette e la bottiglia. Poi sembra ingranare. Anche se nel complesso si muove poco, regala tocchi illuminanti, morbidi , di prima e d’esterno. Leggero come una falena nella notte. Poi rientra a dragare qualche pallone. I fiorentini lo hanno ribattezzato Traccheggia. La squadra passa all’Olimpico sulla Lazio e il dottore incanta. Poi ad Istanbul contro il Fenerbahce quasi per turismo : “Il calcio m’interessa sino a un certo punto. Voglio vincere contro i turchi per giocare in un Paese dell’Est (URSS, Polonia o Cecoslovacchia) e intuire condizioni di quei popoli. Sono ancora al 50%, ma possiamo vincere lo scudetto”. Al ritorno il dottore regala assist e tiri a volo. Alla fine vorrebbero portarlo in trionfo ma è solo il primo turno di Uefa. L’indomani, come sempre, accompagna i figli alla scuola comunale. Li ha iscritti lì, infischiandosene dei consigli dei compagni che lo spingevano verso quella privata.

CLAN

Nella partita con l’Atalanta, rompe il digiuno con un lob mozzafiato. In alto il pugno chiuso: Fiorentina-Atalanta 5-0. E ha giocato con la febbre. Dopo un paio di mesi di assenza per malattia , è appena rientrato in panchina Picchio De Sisti . Ma ha trovato il corto circuito. A Verona, alla fine del primo tempo, i viola sono sotto di due gol e nello spogliatoio succede di tutto. Volano parole grosse : “La democrazia corinthiana nasce perché abbiamo capito che lavorare senza libertà è come lavorare da soli , in continua competizione con gli altri”. La fronda per far fuori De Sisti è guidata dai senatori, ma lo spogliatoio è spaccato. Il dottore , abituato ad anteporre l’interesse collettivo a quello personale, prova a mediare . Capisce che non può fare nulla. Si emargina. La squadra rientra in campo con 5 minuti di ritardo. Per Massaro ”la partita è compromessa”. Anche se mancano 45 minuti. Poi si va a giocare a Brescia . Il dottore sente molto la partita, ci sono diecimila persone . Si è impegnato a fondo per prepararla. Ci sono in campo anche Beccalossi, Junior, Dirceu. C’è la Rai e la televisione brasiliana. Ma non si gioca per lo scudetto . Né per una coppa. Ci sono anche Rivelino, Clodoaldo, Brito, perché l’obiettivo è aiutare i 2500 lebbrosi, tra cui una fitta schiera di bambini, che vivono male a Belèm (città natale del dottore).  Della Fiorentina nessuno trova il tempo. Nemmeno un panchinaro.

A Bruxelles i viola ne prendono 6 ed escono dall’Uefa. La loro stagione non segue il suo corso, ma un kafkiano decorso. E più che l’indigesto sessantottismo del dottore, incidono quei garretti ormai carichi di ruggine degli uomini-guida. Il dottore trasforma qualche rigore, affascinando con la sua rincorsa camminata. Poi a Roma va definitivamente in pezzi. Qualcuno nello spogliatoio gli impedisce di parlare . Con le maniere forti. Per lui è peggio di un 4 in pagella. Si mostra come l’ultimo uomo disarmato del calcio. Dalla democrazia corinthiana alle distorsioni partitocratiche dello spogliatoio viola.

Si chiude in casa. Non studia scienze sociali , né per la specializzazione in ortopedia pediatrica. Gli manca la libertà proprio dove si aspettava di trovarla. Ha cambiato anche il ritmo dei suoi pensieri. Mentre tutti aspettano che cambi il ritmo in campo. Legge solo i libri che gli spedisce Amado (proprio lui in persona). E riprende a sognare il Brasile: “Sono qui da due mesi, ne mancano ancora ventidue alla fine del contratto”. A Cremona contro una matricola, i viola vengono letteralmente dominati. A pochi minuti dalla fine il dottore esce dal letargo e sigla il pareggio con un incredibile tap in di petto . La squadra è in diserzione controllata . Via De Sisti , c’è Valcareggi.

Nel ritiro viola insieme a Gentile e Passarella

Il dottore rientra con due giorni di ritardo dalle vacanze natalizie. Viene perdonato. Fa doppio allenamento. E va alla scoperta del nuovo tecnico: “Valcachi ? De Sisti è stato una vittima”. In campo il dottore sembra solo decorativo. Si protegge dal freddo coi guanti neri ma, se c’è da soffrire, viene additato come zavorra. Sostituito, esce a testa bassa . E fa sette telefonate al giorno in Brasile.

A SAN SIRO

Per il suo primo compleanno in Italia invita quasi tutta la Seleção ombra di stanza in Italia: Zico, Edinho, Junior, Pedrinho, Cerezo. Si balla, si beve birra e batida .

C’è anche Giovanni Galli, uno dei pochi amici italiani del dottore. Che per una notte non parla di calcio e dimentica tutto . Soffrono di più i suoi figli. E non è solo saudade. A scuola gli chiedono : “Perché tuo padre gioca male?”. “Ero venuto qua con la presunzione di essere un italiano come gli altri. Una sorta di inno all’internazionalismo. E ho riempito il mio futuro di progetti. Ma avevo una specie di casco protettivo. Niente mi feriva, tutto mi andava bene. Perfino le prime critiche , i difficili momenti di adattamento . Tutti mi chiedevano : che hai? Io rispondevo niente . E forse ci credevo pure. Ho dato tutto quello che potevo. Ciò che non ho fatto, è stato per incapacità. Ma penso che mai e poi mai si sarebbe potuto vedere il Socrates del Brasile. Troppo diverso questo calcio per me. Quaggiù giocando mi sono divertito due o tre volte. E poi se volevano solo il campione, potevano prendere Zico”.

Nel Brasile

Dopo meno di un’ora di gioco deludente, esce da San Siro quasi sollevato. Dalla curva milanista parte un lancio di oggetti contro di lui. Che li applaude e li scatena . Tutti tirano su Socrates. Viene travolto. Ma sono solo palle di neve.

Ernesto Consolo

Da Soccernews24.it

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