Boniperti ha gettato le fondamenta per il concetto di Juventus che conosciamo noi adesso
Feb 17, 2022

Insieme alla famiglia Agnelli, che da quasi 99 anni possiede il club, Giampiero Boniperti è senz’altro la persona più importante e fondamentale della storia della Juventus. Non solo strepitoso giocatore e fenomenale dirigente, con un palmares che rappresenta una parte pesantissima di quello totale della società, ma inventore del concetto stesso di Juventus per come lo conosciamo noi.

La Juventus moderna – come ha scritto Guido Vaciago su “Tuttosport” – è frutto del suo pensiero di dirigente e dei suoi sentimenti di eterno innamorato del club, per il quale ha tifato, giocato, sofferto, provato le gioie più intense della sua vita. Da giocatore ha dato, con il suo esempio, un imprinting di dedizione e determinazione agonistica (che poteva diventare ferocia) unite però a educazione e forma impeccabile. Diventato dirigente (e bravo geometra), con quei concetti, ha progettato le fondamenta della Juventus così come la conosciamo noi: società tetragona, ben organizzata, seria, nella quale l’imperativo è vincere e nessuno deve mai essere più importante della maglia e di ciò che rappresenta.

È come se Boniperti abbia dato alla Juventus una regola monastica: serietà e disciplina. E se alcune sue norme comportamentali come quelle sulle acconciature e la sobrietà nel vestirsi hanno finito per logorarsi nel tempo, lo spirito è rimasto fedele al solco da lui tracciato. Solo ieri, Paul Pogba, le cui giacche di lamé e le creste colorate non sarebbero state ammesse dal Boniperti presidente, raccontava la Juventus come il «club che mi ha fatto diventare uomo e dove impari cosa significano disciplina e l’impegno e come incidono sui risultati». L’eredità del presidentissimo non è, quindi, andata perduta, ma è stata tramandata nel tempo come un vero dna societario.

Per Boniperti il calcio, quindi la Juventus, era una cosa serissima. Ci volevano impegno e applicazione, perché non poteva essere semplicemente un gioco se muoveva così tanti quattrini e smuoveva sentimenti così profondi nelle persone. I tifosi, per lui, meritavano il massimo (lo era stato da bambino, è continuato a esserlo fino all’ultimo secondo della sua vita), ma soprattutto andava rispettato il lavoro in sé di calciatore professionista e l’impegno, non solo economico, della famiglia Agnelli. Pochi e semplici principi dai quali faceva discendere regole e decisioni.

Ha governato la Juventus in modo severo, ma nessuno ha mai potuto contestare la sua giustizia. Si è fatto la fama di negoziatore spietato in fatto di ingaggi, ma la sua generosità nei premi è ricordata da tutti i suoi giocatori. Ha importato la pianificazione industriale nel calcio, programmando i cicli, reclutando i giovani migliori per farli crescere con i più esperti, evitando che la sbornia dei successi compromettesse le motivazioni per la stagione successiva, cambiando anche quando non sembrava necessario cambiare. Concetti che oggi paiono scontati, ma che furono scolpiti dal Boniperti dirigente in un ventennio di dominio juventino in Italia, che culminò con la vittoria di tutte e tre le competizioni europee (primo club a riuscirci). Boniperti è stato il primo dirigente moderno della storia del calcio italiano e, forse, europeo. I Galliani e i Marotta ne hanno preso ispirazione, proseguendo su una strada aperta da lui.

L’importanza di Boniperti per la Juventus va molto oltre il motto, che lui aveva preso in prestito da Vince Lombardi (leggendario coach della NFL negli Anni 60): «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta». Quella frase era uno slogan sintetico con il quale riassumeva l’obbligo a dare il meglio, sempre e comunque, puntando sempre al massimo risultato.

Fedele alla Juve (Guerin Sportivo)

Qualcuno, nel tempo, lo ha equivocato opponendogli il principio decoubertiano dell’importante è partecipare. Niente di più sbagliato, perché quella frase di Boniperti non è un’immorale preghiera alla vittoria come valore in sé, ma indica la strada allo sportivo che deve tendere sempre e comunque a dare tutto se stesso per raggiungere l’obiettivo. È, in fondo, il concetto di sport stesso, inteso come miglioramento di se stessi.

Dall’archivio del Guerin Sportivo

Vincere, per Boniperti, non è stato tuttavia solo una questione di filosofia. Il conteggio è impressionante: 14 scudetti (5 da giocatore e 9 da dirigente), 4 Coppe Italia (2 e 2), una Coppa Campioni, tre Coppe Uefa, una Coppa delle Coppe, una Intercontinentale (tutte da dirigente). Quindici anni da giocatore dal 1946 al 1961, con 459 presenze e 179 gol. Ventitré anni da dirigente (presidente e amministratore delegato) dal 1971 al 1994, con la breve interruzione del 1990-‘91, (quando venne fugacemente sostituito da Luca di Montezemolo). Una vita intera, dal primo all’ultimo giorno, da innamorato della Juventus, il ruolo che gli piaceva più di tutti gli altri.

Fonte: “Tuttosport”

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