Il fútbol argentino nato dalle province italiane
Mag 12, 2021

L’Argentina è l’unico paese al mondo oltre all’Italia in cui la maggioranza della popolazione è di discendenza italiana: più di 20 milioni di persone hanno infatti origini italiane, di cui circa 600 mila con doppio passaporto.

Il Deportivo Italiano nel 1974

Nel 1950 Ettore Rossi, direttore del Corriere degli Italiani, organizzò a Buenos Aires la prima edizione della Copa Fernet Branca, un torneo amatoriale dedicato agli emigrati italiani nel quale si affrontarono squadre dai nomi nostalgici: Roma, Ambrosiana, Inter, Genoa, Sampdoria, Fiorentina. Cinque anni più tardi la selezione dei migliori calciatori del torneo andò a formare la rosa di un vero e proprio club calcistico: l’ACIA (Associazione Calcio Italiano in Argentina).

Il Deportivo Italiano nel 1982

Il club divenne presto emanazione calcistica della comunità italiana, che ancora oggi colora gli spalti con l’azzurro e con il tricolore. Nel 1978, a seguito di una fusione, il club si rinominò Deportivo Italiano e disputò una partita storica: l’amichevole contro l’Italia alla Bombonera davanti a 25 mila persone. La selezione di Bearzot giocò male la sua ultima partita prima dell’inizio del Mondiale e solo uno splendido tacco di Bettega salvò la faccia e il risultato.

Il Deportivo Italiano nel 1986

Il Deportivo Italiano disputò anche una stagione in Primera División argentina. Era l’annata 1986-‘87 e gli azzurri di Buenos Aires conclusero da ultimi quell’esperienza indimenticabile. Due anni più tardi giocarono il Torneo di Viareggio: tra di loro anche il ventenne Gabriel Omar Batistuta, in prestito dal Newell’s Old Boys, che si fece notare per una tripletta ma anche per il rigore parato che mandò a casa gli azzurri d’oltreoceano.

Tangibile testimonianza di italianità a Buenos Aires

Nel 2003 El Tano, soprannome assegnato in Argentina tanto a persone quanto a squadre di discendenza italiana, ha assunto l’attuale denominazione di Club Sportivo Italiano.

Dal 2005 gioca all’Estadio República de Italia, inaugurato in amichevole contro il Boca Juniors. L’impianto è situato a Ciudad Evita, località a forma di testa di Evita Perón, all’interno della Gran Buenos Aires. La maglia del club è azzurra e il suo stemma è un tricolore: ogni riferimento alla Nazionale italiana è puramente voluto.

Il Villa Dalmine nel 1975

Agostino Rocca fu membro del direttivo dell’IRI e amministratore delegato dell’importante ditta siderurgica italiana Dalmine durante gli anni Trenta. Nel 1944 venne arrestato perché non aderì alla Repubblica di Salò e, quando fu liberato nel 1945, partì alla volta dell’Argentina in compagnia di un gruppo di ex tecnici della Dalmine. Durante il suo primo anno di permanenza Rocca fondò la Techint, gruppo che oggi riunisce più di 100 aziende in giro per il mondo. Nel 1954 aprì a Campana, città al nord-ovest di Buenos Aires, la Dalmine-Safta, prima industria di tubi in acciaio senza saldatura in Sudamerica, alla quale partecipava anche la quasi omonima impresa per cui lavorò in Italia.

Una foto del Villa Dalmine datata 1982

Nel 1957 Rocca, alcuni manager e un gruppo di dipendenti fondarono un club ricreativo per gli operai della fabbrica e le loro famiglie: il suo nome era Villa Dalmine e incluse tra le attività culturali e sociali previste la pratica del calcio. A causa della simpatia per la Fiorentina di Rocca e parte dei dirigenti, si scelse per la squadra il colore viola, che aveva anche il vantaggio di non essere stato fino a quel momento scelto da altri club. Ma il viola era considerato un colore troppo tetro, perciò si scelse di combinarlo con il bianco.  A Campana c’è ancora lo stabilimento industriale, ma El Viola è ormai tifato da tutta la città. Milita attualmente in serie B argentina, supportato dalla sua tifoseria, chiamata La banda de Campana.

Nel 1924 la Compañía Italo Argentina de Colonización comprò 5 mila ettari di terreno nella zona più settentrionale della Patagonia, nel Rio Negro. Qui, due anni più tardi, col beneplacito di Mussolini e del presidente argentino De Alvear fu fondata la colonia italiana di Villa Regina.

La zona era stata proposta al Duce da Ottavio Dinale, delegato del PNF in Sudamerica, perché garantiva un clima e un paesaggio simili a quelli italiani. Centinaia di famiglie di emigrati popolarono il nuovo insediamento e diedero vita a una città che oggi conta 30 mila abitanti.

Círculo Italiano, anno 1961

Per i coloni italiani i primi tempi a Villa Regina furono molto duri: tirar su una città dal nulla comportava enorme sacrificio, fatica costante e molta speranza. Gli unici momenti di svago erano le pause serali in cui gli italiani condividevano ricordi, nostalgia e canzoni della patria ormai lasciata.

Círculo Italiano, anno 1993

Al fine di dare organizzazione a questi momenti di comunità nacque nel 1926 il circolo Forza, Amore e Intelletto, che in seguito cambiò nome in Círculo Italiano. L’organizzazione era strutturata come un dopolavoro: all’interno di un granaio si organizzavano attività culturali e ricreative per gli italiani, dal cinematografo alle competizioni di bocce, dai tornei di carte alla squadra di calcio.

Círculo Italiano, anno 2013

Il Círculo Italiano milita oggi nelle categorie inferiori del calcio argentino, vestendo il coloregranata in prima maglia e il tricolore come maglia di riserva.

Il Vélez Sársfield e l’evidente legame storico legame con l’Italia

Il giorno di capodanno del 1910 un gruppo di giovani del quartiere Liniers di Buenos Aires decise di fondare una squadra di calcio.

L’idea balenò nelle loro menti mentre si trovavano in un tunnel del Ferro Carril Oeste, prima ferrovia costruita su suolo argentino. Il tunnel era quello corrispondente alla fermata allora intitolata al giurista Vélez Sarsfield (oggi chiamata Floresta).

Vélez Sarsfield , campionato 1930-’31

Lo stesso giorno i fondatori, di cui molti vantavano origini italiane, ufficializzarono la nascita del Club Atlético Vélez Sarsfield. Si decise anche che sarebbero state utilizzate maglie di colore bianco, economiche e facili da reperire, ma già nel 1912 fu adottato il blu marino.

La vecchia tribuna dello stadio

Tuttavia, tra il 1914 e il 1916 si affermarono nuovi colori sociali, che rimasero in auge per circa vent’anni: il bianco, il rosso e il verde. Si tramanda che la remera tricolor fu ispirata alle origini italiane dei fondatori e che fosse spedita direttamente dall’Italia.

Il ricordo della remera tricolor

Nel 1933 il tricolore venne abbandonato e si impose la V azulada, simile a quella del Brescia ma a colori invertiti.

Veléz 1968

I colori italiani finirono nel dimenticatoio e solo nel 1993 furono recuperati per essere utilizzati nella terza maglia.

Veléz 2005

Proprio quest’anno si celebra il centenario della tricolor. Per l’occasione il Veléz ha lanciato l’hashtag #LegadoTricolor, cioè “eredità tricolore”, con l’obiettivo di valorizzare la storia di questa particolare versione della maglia del club.

Valerio Curcio

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