Il vero ribelle del calcio italiano: 40 sigarette, whisky, pistole. E il paragone con Best
Gen 5, 2024

Gianfranco Zigoni, splendido anarchico del calcio. Il George Best italiano. Ha giocato nella Juventus, nel Genoa, nella Roma, nel Verona, nel Brescia e poi ha chiuso nel Piavon.
Con la Juve ha vinto uno scudetto, giocando poco però.  In compenso il giorno della “Fatal Verona” lui c’era: nel 5-3 del Verona al Milan che ai rossoneri costò lo scudetto del 1973, Zigo non segnò, ma fece un paio di assist. Col Piavon ha centrato una bella promozione dalla Terza alla seconda Categoria.

Nel 1967 aveva giocato la sua unica partita in Nazionale: Romania-Italia 0-1. Secondo la leggenda  durante quella partita il Ct Ferruccio Valcareggi gli avrebbe chiesto di fare più movimento sulla fascia destra. Lui, Zigo, gli avrebbe risposto che non si sognava nemmeno, perché faceva troppo caldo.

E naturalmente quella non è che una delle tante leggende.

Zigo d’inverno girava in pelliccia. A Verona una volta la mise anche in panchina, contrariato per non partire titolare. Portava la pistola nella cintura. Nei ritiri si divertiva a sparare ai lampioni. “Di tutte le squadre in cui ho giocato, solo la Juventus non mi è rimasta nel cuore”, ha ammesso. Probabilmente perché lo costrinsero a tagliarsi i capelli.“Ero troppo giovane, non avevo la forza di ribellarmi agli Agnelli”, ha spiegato.

Qualche altra “chicca” della nostra intervista.

Nello spogliatoio del Brescia

“Sognavo di morire sul campo, con la maglia del Verona addosso. M’ immaginavo i titoloni dei giornali e la raccolta di firme per cambiare il nome allo stadio: non più Bentegodi, ma Gianfranco Zigoni. La radio avrebbe gracchiato: ‘Scusa Ameri, interveniamo dallo Zigoni di Verona…’ “.

Mentre bacia Gigliola Cinquetti

“Mai sentito parlare di Gesù Cristo? Questo signore, duemila anni fa, è venuto sulla terra per dirci che gli uomini sono tutti uguali. E Che Guevara cosa predicava? Che in ogni parte del mondo bisogna combattere l’ ingiustizia. Il Che e Gesù sarebbero andati d’ accordo, ma sta’ attento: io non sono comunista”.

Sempre una “testa calda”

“A me ribolle il sangue quando sento i calciatori lamentarsi. Ueh, ragazzi: andate a fare un giro in miniera. Mio padre si è rovinato i polmoni a furia di lavorare nella fabbrica delle schifezze, uno stabilimento che ha ammazzato tanta gente di questo posto. Mio padre è morto e lui, il padrone, vive in un castello con parco annesso. Queste sono le ingiustizie. Se fosse vivo il Comandante… Io da giovane volevo fare la rivoluzione”.

Con la maglia del Verona. “Il giorno dell’ingaggio i dirigenti dell’Hellas mi portarono a pranzo in Valpolicella, guardai il panorama che sfilava fuori dei finestrini della macchina e mi chiesi: sono in Paradiso?”

«Ho accumulato più giorni di squalifica che gol perché non sottostavo ai soprusi degli arbitri. Dicono: bisogna credere alla buona fede di quei signori. Ma per favore, ho visto furti inimmaginabili e ho pagato conti salatissimi. Una volta mi diedero sei giornate di squalifica e trenta milioni di multa perché dissi a un guardalinee di infilarsi la bandierina proprio là”.


“Per la stampa fu un’impresa, per me no. Abbiamo battuto una squadra di calcio,  una domenica come altre. Durante i primi diciassette minuti non superammo la metà campo, poi grazie ai miei dribbling ed al mio contributo regalai un cross a Sirena che doveva solo metterla dentro.  Da lì loro presero paura. Non fu un problema di condizione fisica, semplicemente noi eravamo in grande giornata”

Trapattoni che giocava nel Milan, dopo aver perso 1-3 col Genoa con tripletta di Zigo, lo paragonò a Pelé. Cosa che aveva già fatto José Emilio Santamaria, difensore del leggendario Real Madrid, dopo una amichevole, nel 1964, quando Zigoni era alla Juve. Poi, ai tempi della Roma, Zigo incontrò davvero Pelé, in un’amichevole col Santos.

George Best. “Era il mio idolo, intendeva la vita come me: indipendenza, nessun vincolo e belle donne. L’ho incontrato a Manchester, sembrava un divo che col calcio si divertiva”

“Madonna, che giocatore Pelé – ha raccontato  – Ho una botta di depressione, di malinconia, penso che a fine partita annuncerò in mondovisione il mio ritiro dal calcio”.

Ed ancora: “Mi preparo la dichiarazione in terza persona: ‘Zigoni lascia l’ attività, non sopporta che sul pianeta ci sia qualcuno più forte di lui’ “. Meno male che in quella partita Pelé sbagliò un rigore (parato da Ginulfi, nella foto a fianco  i due al termine della partita)), perché quell’errore fece desistere Zigo dal suo insano proposito. E così è rimasta sempre attuale la sua massima preferita:

“Metto fuori classifica io, Pelé e Maradona perché calcisticamente siamo tre extraterrestri”.

Massima che campeggia nella sua biografia “Dio Zigo pensaci tu”, scritta dall’amico e collega (nel senso di calciatore e gran personaggio) Ezio Vendrame.

Roma.Santos, 1972. Pelé e Alberto Ginulfi

Il figlio di Gianfranco Zigoni, Gianmarco, classe 1991, quest’anno gioca nella Virtus Verona, dopo aver contribuito a riportare la Spal in Serie A.

Una lacrima sul viso, come nella canzone di Bobby Solo. “Quando Gianmarco a Treviso segnò il suo primo gol in B, mi sono messo a urlare, l’ho fatto per nascondere la commozione.  Sai, io sono Zigo e non è che posso piangere con tanta facilità”.

Gianmarco Zigoni con la maglia della Spal

Il figlio che cosa ha preso dal padre?  “Se potessimo giocare assieme, saremmo una coppia eccezionale. Lui è alto uno e novanta e pesa 80 chili. Un centravanti moderno, sa smarcarsi e fare gol. Io l’avrei ricoperto di palloni. Madonna che duo avremmo formato. Peccato, se non avessi qualche annetto di troppo ritornerei in campo per fargli qualche assist”.

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