Giovanni Ferrari, un giocatore immenso
Dic 2, 2022

Indubbiamente il giocatore più grande che abbia mai vestito la maglia grigia (non ce ne voglia male Gianni Rivera) è stato Giovanni Ferrari, detto Gioanin o se preferite Giovannin. Esordì in serie A (o Prima divisione come si chiamava allora) quando non aveva ancora 16 anni, nella stagione 1923-‘24, nell’Alessandria allenata dall’ungherese Béla Révézs. Dal campionato 1926-’27 e sino al giugno 1930 giocò per l’Alessandria di Carcano. L’ultima partita in grigio di Giovannin fu ad Udine il primo giugno di quell’anno, contro la Triestina. L’anno seguente emigrò a Torino chiamato nella Juventus sempre con Carcano allenatore. Il grande club di Edoardo Agnelli, padre di Gianni, ma diretto dal barone Giovanni Mazzonis che, fra gli altri, poteva schierare il divo Orsi per un premio di 100 mila lire, una Fiat 509 e 8 mila lire mensili di stipendio, e Renato Cesarini, nato a Senigallia però emigrato a Buenos Aires da bambino. Il bizzarro, allegro, mattacchione Cesarini era una magnifica mezz’ala destra capace di tutto e, con l’austero Ferrari, formò una straordinaria coppia in bianconero come nella Nazionale. Renato l’impenitente, ascoltava i consigli di Giovanni e la Juventus vinse cinque scudetti consecutivi.

 

Alessandria 1924-’25. In formazione dall’alto: Avalle, Baloncieri, Ferrari, Bay I, Gariglio, Capra II, Gandini, Ramello, Viviano, Cagnina, Lauro.

 

Nel campionato 1935-‘36 Giovanni Ferrari emigrò a Milano, sponda nerazzurra, chiamato dal presidente Pozzani, il popolare “Generale Po”. Giocando a fianco di Meazza, Ferraris II°, Frossi, Attilio Demaria, Ferrara I° e Ferrara II°, Giovannin si aggiudicò altri due scudetti con il suo gioco infaticabile, altruista, tecnico, potente ed i suoi tanti goal: 32 nell’Ambrosiana in 5 stagioni come ne aveva fatti 67 nella Juventus. Scaricato a Bologna, come giocatore alla fine della carriera Ferrari andò a raccogliere l’ottavo scudetto nel 1940-‘41 in tempo di guerra.

 

Campionato 1929-’30, i Grigi in serie A. In piedi da sinistra: Ferrari, Gandini, Scagliotti, Costa, Cattaneo, Avalle, Chierico, Rapetti e Gallino. Accosciati: Lauro e Bertolini.

 

Vittorio Pozzo, giornalista e commissario unico degli azzurri due volte campioni del mondo e campioni olimpici, selezionò per la prima volta Giovanni Ferrari il 9 febbraio 1930 a Roma contro la Svizzera superata 4-2. Nella Coppa del Mondo 1934 Giovanni Ferrari formò uno straordinario attacco con Guaita, Meazza, Schiavio ed Orsi all’ala sinistra invece, a Parigi nel 1938, i suoi compagni di prima linea furono Biavati, ancora Meazza, Piola e Colaussi.

 

Giovanni Ferrari, il primo in piedi da destra, nell’Italia campione del mondo nel 1934.

 

Giovanni Ferrari ha confessato: “Ho battuto Zamora nel Mondiale del 1934 a Firenze, però la maggiore soddisfazione la provai l’anno precedente, a Roma, contro gli inglesi. Erano i maestri. Con un lungo tiro ingannai il portiere Hibbs; peccato che, poco dopo, Bastin abbia ottenuto il pareggio che, tuttavia, ci fece onore”. Quindi la lunga attività come tecnico: Juventus e Inter ed infine l’arrivo alla Nazionale, con la quale non riuscì ad evitare il fallimento della spedizione mondiale in Cile.

È poco noto il modo con il quale Gioanin fece il suo ingresso nel mondo della palla rotonda. Quando aveva quattordici anni, afferrò al volo qualche frase pronunciata da gente che conosceva il calcio, gente che aveva constatato con quale arte il giovane Ferrari sapeva trattare la palla. Era un timido ma un pomeriggio, insieme agli amici, stava giocando a palla per le strade cittadine quando, urtato da un compagno, cadde a terra ed andò a sbattere il mento contro una delle rotaie del tram a vapore che faceva servizio per Spinetta Marengo. Si procurò una lussazione mascellare ed una larga ferita al mento.

L’incidente, oltre a renderlo inabile al gioco, lo aveva anche liberato dagli impegni di bottega (era aiuto commesso in un negozio di tessuti). Appena le sue condizioni migliorarono, sebbene ancora incerottato, un giorno se ne andò insieme a un amico al campo dei grigi che dovevano sostenere un allenamento. Giunto allo stadio con largo anticipo sull’orario fissato per l’allenamento stesso, si mise a palleggiare (lui in borghese) senza sapere di essere attentamente osservato dall’allenatore Carcano: la sera stessa firmava il cartellino che lo legava all’Alessandria. Disputò il suo primo campionato di Serie A e venne addirittura convocato in Nazionale.

 

Juventus-Alessandria 3-1 nel 1933-‘34. Ferrari segna contro la sua ex squadra.

 

 

 

Ferrari è stato il continuatore dello stile, della tecnica e dell’idea di gioco del formidabile Adolfo Baloncieri. Era un giocatore che costruiva la partita un’azione sull’altra, come le pietre di un edificio, le imbeccate pronte per tutti, gli occhi attenti a misurare l’ostacolo ed a valutare una situazione tattica, un uomo metodico che sembrava possedere un misterioso senso del ritmo. Gioanin Ferrari, giudicato a posteriori, è stata la migliore mezzala sinistra europea.

Mario Bocchio

 

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